MARCO MANGIAROTTI
Milano

Fabio Treves, l’armonica e Springsteen: il blues perfetto

Fabio Treves è il leader dal 1974 della Treves Blues Band, la più longeva formazione blues in Italia

Fabio Treves

Milano, 30 giugno 2016 - Puma è fisiognomica, Lambrate il timbro postale. L’armonica a bocca il dettaglio di Arcimboldo. Fabio Treves ha un mese e mezzo in meno di Bruce Springsteen, tutti i suoi dischi e ha pure aperto un tour del suo chitarrista fratello Steven Van Zandt. Salirà sul palco del Circo Massimo il 16 luglio, prima del Boss. Fabio Treves è il leader dal 1974 della Treves Blues Band, la più longeva formazione blues in Italia. Fabio è un amico, un musicista, un bravissimo fotografo, ha registrato una ventina di album, molti vinili, a suo nome. Il primo della mitica Red Records di Sergio Veschi, costola culturale del Movimento Studentesco, in catalogo anche Sam Rivers perché Sergio voleva fare dischi di jazz. «Che era la musica amata da mio padre, neurologo. I suoi 78 giri e vinili sono l’inizio e la ragione di tutto. A lui devo lo sconvolgente incontro con Billie Holliday e Gerry Mulligan. Li aveva ricoverati per mezza giornata nel suo ospedale, per aiutarli a uscire da una crisi di dipendenza. Ricordo Billie, una Madonna nera. Sconvolgente».

Erano venuti a Milano con il Jatp di Noman Grantz. «Io ho cominciato in un periodo in cui tutti storcevano il naso. Se mi avessero detto nei primi anni ’70 che sarei salito sul palco del Boss avrei pensato di essere in un film di Frank Capra. Merito di Claudio Trotta, il manager di Barley Arts, che mi ha fatto conoscere Frank Zappa e Frank mi ha invitato a Milano e Genova sul palco con lui, e Mike Bloomfield, il più nero dei chitarristi bianchi (era con Bob Dylan a Newport), i Deep Purple». In realtà il fotografo, centinaia di mostre, arriva prima del bluesman. «Andavo ai concerti, da Jimi Hendrix (23 aprile 1968, Piper Club) a B.B.King e Zappa, fotografavo la musica e quando tornavo a casa per stampare le foto la amavo ancora di più. Puma di Lambrate nasce da un articolo che lanciava l’arrivo del Leone di Manchester, John Mayall (ma noi abbiamo il Puma di Lambrate). Mayall mi ha aperto un mondo, che era anche di contaminazioni con il rock ed il jazz. ma tutto era difficie, trovare i dischi, i libri, i locali. Sono partito così, ascoltando sia i bluesman del Delta, come Sonny Terry, che di Chicago, come Little Walter, l’inventore dell’armonica elettrica. La storia del film “Cadillac Rock”. Quando l’ho visto ho provato le stesse emozioni di “The Blues Brothers” all’Odeon. C’erano tutti i miei miti, i pezzi che facevo ai festival dell’Unità. Sono andato in pellegrinaggio in tutti quei luoghi, da Chicago a Memphis. Ma suonare al Circo Massimo prima del Boss per me è leggenda».