ANDREA SPINELLI
Milano

Milano, ci vuole orecchio: Elio canta... "TuttoJannacci" in cento minuti

Stefano-Elio racconta come "mettere in piedi uno spettacolo che ricorda il cantautore è stato naturale"

Elio, pseudonimo di Stefano Belisari, 60 anni, cantautore milanese e fondatore di Elio e L

Milano - TuttoJannacci. In cento minuti. È un incontro-scontro tra saltimbanchi quello che questa estate, nell’attesa del tour invernale nei teatri, ha messo Elio davanti al più grande irregolare della canzone milanese: il "poetastro" scomparso otto anni fa, evocato già dalla scelta di un titolo come "Ci vuole orecchio". "Enzo era quasi uno di famiglia, perché aveva fatto il liceo con mio padre che me ne parlava già da bambino iniziandomi alla sua arte", ammette l’uomo con le sopracciglia più cispose d’Italia, al secolo Stefano Bellisari, sessant’anni, milanese doc come quello che.

"Anche se il padre di Jannacci era pugliese e lui, come quasi tutti i milanesi compreso me, aveva origini varie. Un figlio, quindi, di quella metropoli porto e rifugio di uomini dalle provenienze più disparate che col loro lavoro l’hanno resa quello che è oggi. Una Milano che era una città dai tanti volti capace, come certe sue canzoni, di camminare in bilico tra dramma e comicità alimentando in Jannacci una qualità che ho sempre ammirato (e invidiato) molto; quella di riuscire a far ridere e piangere allo stesso tempo".

Stefano-Elio racconta che la scelta di mettere in piedi uno spettacolo così è stata quasi naturale. "Negli anni scorsi grazie al regista Giorgio Gallione, che il cielo ce lo conservi, ho interpretato il Gaber de ‘Il Grigio’ e da lì il passo verso Jannacci è stato breve" ammette. "Anche se Jannacci è molto più nelle mie corde mentre l’incontro con Gaber s’è rivelato al tempo stesso un assaggio e una prova del fuoco. Ho passato l’esame, anzi stiamo prevedendo ulteriori repliche, e quindi vivo questo spettacolo su Jannacci come un premio per aver fatto bene con Il Grigio".

La qualità artistica di "Ci vuole orecchio" è garantita anche dalla presenza di un quintetto impreziosito al sassofono da Sofia Tomelleri, nipote di quel Paolo che ha militato per una vita al fianco del dottore-cantautore. "Forse Jannacci sapeva parlare al cuore perché nel cuore metteva letteralmente le mani, di sicuro la chirurgia e la medicina gli hanno dato uno slancio in più rispetto a tanti colleghi oggi anche più santificati di lui. Lui che aveva scelto di rimanere fuori dalle righe, dalle correnti, dalle lobby. Con Gallione abbiamo cercato di focalizzare i suoi diversi periodi scartando di lato canzoni prevedibili come “Vengo anch’io“, “Vincenzina e la fabbrica“, “Ho visto un re“, “Quelli che“, per lasciare spazio a brani ingiustamente minori come “Aveva un taxi nero“, “Sopra i vetri“, o “Quando il sipario“, pur senza tralasciare cose come la stessa “Ci vuole orecchio“, “Silvano“, “Parlare con i limoni“, “L’Armando“, “Faceva il palo“. In mezzo alle canzoni abbiamo messo dei brevi monologhi per ribadire che Jannacci era un po’ come Milano, lontano da qualsiasi stereotipo".