Milano, 4 agosto 2011 - C'è un motivo, se la nuova Tangentopoli nasce sui pullman che corrono fra Sesto e Cinisello. E non può essere un caso se la Guardia di finanza, il 20 luglio durante la perquisizione della casa di Filippo Penati, trova un fascicolo denominato «712».È la linea di autobus che nel 1997 viene affidata tramite gara alla Caronte di Piero Di Caterina. Poi, nel 2010, il colosso Atm partecipa al nuovo bando e vince. Di Caterina punta il dito: «Gara truccata nelle premesse per poter partecipare, cioè avere un fatturato di 175 milioni e gestire anche trasporto su ferro». E parla di «atteggiamenti stravaganti dei Comuni di Sesto e Cinisello e violazioni da parte di Atm che non ha ancora firmato il contratto di servizio, non ottemperando alla legge regionale 22 del 1998 che impone all’azienda milanese di farsi carico (subentrando al vecchio gestore, ndr) sia dei mezzi, cosa mai avvenuta e infatti 18 pullman della Caronte sono fermi nel deposito, sia del personale di Caronte, cosa avvenuta con mesi di ritardo». Atm, interpellata sulla vicenda, non rilascia dichiarazioni.
La storia è strana, fatta di denunce, ricorsi e cause ancora pendenti. In mezzo, un rapporto della Polizia locale di Cinisello del 3 giugno scorso sulla regolarità del servizio e un passaggio di cariche, quello di Mario Spoto: da direttore generale a Cinisello (retribuzione annua: 99.297 euro) diventa segretario generale a Sesto, con uno stipendio di 90.293 euro. Quando il direttore generale di Sesto, Marco Bertoli, lo chiama, Spoto accetta pur sapendo di perdere un grado e guadagnare di meno. Scelte personali, ma di sicuro il nome di Spoto non è popolarissimo dalle parti della Caronte. È lui, nel dicembre 1999, a mettere nero su bianco una lettera, chiedendo ad Atm di «ottemperare» e prendendo di fatto le difese di Caronte. Poi però, nel marzo 2010, firmerà un altro atto dirigenziale, più favorevole ad Atm.
Alla fine dell’anno Spoto lascia Cinisello per Sesto. Il resto è cronaca. O meglio, è una contesa infinita fra Di Caterina e Atm che si gioca al Tar e nelle Procure di Monza e Milano. Il titolare della Caronte, in una lettera ad Atm del novembre 2010, accusa l’azienda di «non sottoscrivere il contratto (per la linea 712, ndr) per avere la possibilità di erogare servizi al prezzo e alla quantità che si vuole, riuscendo a costruire contabilità artificiose nella ripartizione di introiti comuni, come quelli riconducibili al Sitam e, quindi, sottraendo denaro pubblico. Questi sono crimini economici». Tuttavia Atm, dopo la pesante missiva, non denuncia Di Caterina. Mentre l’accusatore, interrogato dai magistrati, ripete le stesse parole di fuoco contro Atm, con nomi e cognomi dei manager del colosso di trasporto pubblico. Ecco perché la nuova Tangentopoli corre sui pullman.
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