Milano, 28 agosto 2011 - Potrebbe  essere a un passo dall’espulsione dal partito, Filippo Penati. Anche se nessuno, in casa democratica, ha voglia di fare previsioni dopo la decisione del segretario nazionale, Pierluigi Bersani, di investire la Commissione di garanzia del Pd di indagare sul caso. È un organismo interno, previsto dal codice etico del partito, che vigila sui comportamenti dei suoi membri e se ne ravvisa gli estremi, li sanziona. Fino ad espellerli. È ciò che potrebbe succedere a Penati e al suo ex amico Giordano Vimercati, compagno di tante battaglie fino al 2006, quando fra i due si consuma una rottura insanabile, appena dopo, pare, l’operazione Serravalle.

 

Bersani, con una frase pronunciata ieri a Pesaro, scarica l’ex capo della sua segreteria: «Ho inoltrato la pratica al nostro tribunale interno, alla Commissione presieduta da Luigi Berlinguer, la quale si riunirà il 5 settembre e vedrà come tutelare il buon nome del partito e quali indicazioni dare». Ma il segretario non affonda i colpi e lascia intendere che sarà lo stesso Penati a decidere sull’aspetto giudiziario. Il Pd non chiederà al suo ex uomo forte di rinunciare alla prescrizione per i fatti del 2001-2002, cioè per le tangenti ex Falck. Sempre ieri il politico indagato a Monza per corruzione, concussione e violazione del finanziamento ai partiti risponde con una nota: «Desidero comunicare che ho informato il Partito Democratico della mia totale disponibilità a mettere a disposizione della Commissione quanto utile per la ricostruzione dei fatti che mi hanno, com’è noto, investito». Poi però fa una una precisazione, dalla quale già si evince che non dirà tutto: «Ho altresì informato il Pd che ho richiesto ai miei legali di essere a disposizione, tenuto conto dei vincoli processuali attualmente in essere, per fornire eventuali chiarimenti tecnici e giuridici».

 

Intanto il successore di Penati sulla poltrona di sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini, chiede di più: «Ha sempre rivendicato la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati. Penso che potrebbe spiegare con una dichiarazione alcuni passaggi. Nessun altro ha fatto i passi indietro che ha fatto lui ma è necessaria una spiegazione». Oldrini e Penati, si sa, non si sono mai amati. Anzi. Eppure il cosiddetto «sistema Sesto», secondo le ricostruzioni dell’accusatore Piero Di Caterina, comincia con Filippo e continua con Giorgio. Anzi, «con Oldrini degenera, le richieste di denaro diventano più pressanti e per ragioni sempre meno chiare». In questa fase però è Penati l’unico bersaglio. E si assiste al classico «fuggi fuggi». È come se Penati non avesse mai avuto amici. Così il 5 settembre affronterà il tribunale interno del Pd che, per usare le parole di Bersani, «dispone di una gamma di interventi, compresa anche l’espulsione». Che beffa sarebbe. Essere espulsi da quel partito al quale si è dato tanto, tantissimo. In termini di impegno, di dedizione. E, secondo la Procura, di finanziamenti. Soldi che sono serviti, un po’ a tutti. Forse anche a Bersani.