LUCA TAVECCHIO
Politica

Bobo Craxi nel think tank di papà Bettino dopo la “deriva putiniana" del tempio culturale socialista: “Voce al dissenso (come voleva lui)”

Milano, veleni al Centro Internazionale di Brera: dal direttivo si dimettono Ferlini e Scalpelli. Bobo Craxi nuovo presidente onorario: “Spazio a chi cerca libertà. L’incontro cancellato su arte e cultura russa? Un attacco montato sul nulla”

Bettino Craxi con il figlio Bobo, nuovo presidente onorario del Centro Internazionale di Brera a Milano

Bettino Craxi con il figlio Bobo, nuovo presidente onorario del Centro Internazionale di Brera a Milano

Milano, 25 gennaio 2025 –  Mi sembra che si sia montato un caso per un appuntamento che era poco più della festa di Natale di un consolato”. Così Bobo Craxi riassume il “caso” Centro Internazionale di Brera, l’associazione culturale fondata da Bettino Craxi nel 1973, finita in mezzo alle polemiche per un convegno - poi saltato - su arte e cultura russa dal titolo “Conoscere per la pace”.

Bobo Craxi è il nuovo presidente onorario del Centro: una nomina arrivata dopo le dimissioni dei due membri del consiglio direttivo Massimo Ferlini e Sergio Scalpelli per la “mancata presa di posizione” dell’associazione sull’incontro in programma il 13 dicembre scorso nel quale avrebbero dovuto parlare il console generale russo Dimitry Shtodin, la ballerina Anna Olkhovaia, la storica dell’arte Alinia Sorokina e il cosmonauta Leonid Jiukhtyaer. Quel convegno, le polemiche che ne sono seguite e le dimissioni di Ferlini e Scarpelli hanno sollevato critiche bipartisan al CIB. Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, ha parlato di “deriva putiniana” dell’associazione.

Bobo Craxi, non le è sembrata quindi inopportuna l’idea di quel convegno?

“No. Inopportune mi sono sembrate ben altre cose. Per esempio, vedere mezzi militari russi in territorio italiano durante il Covid (il riferimento è alla missione “Dalla Russia con amore” del marzo 2020, con la quale la Russia aiutò le autorità italiane nella gestione delle prime settimane dell’epidemia di coronavirus a Bergamo, ndr). L’appuntamento del 13 dicembre era organizzato con il Consolato per parlare di arte e cultura. Del resto, ci sono artisti russi che si esibiscono alla Scala e nessuno mi sembra abbia niente da ridire. E poi bisogna intendersi esattamente sui rapporti con la Federazione russa”.

In che senso?

“Nel senso che l’Italia non ha interrotto i rapporti diplomatici con la Russia, non vedo perché quindi non si possano organizzare incontri con artisti ed esponenti della cultura russa”.

Non è in contraddizione con lo spirito anti totalitario del Centro Internazionale di Brera?

“Lo scopo del centro è innanzitutto culturale. Il centro venne fondato nel 1973 da mio padre che ebbe l’intuizione di un istituto culturale nel cuore culturale di Milano, Brera, in cui conoscere e approfondire l’arte e l’espressione del dissenso politico nelle aree del mondo ove scarseggia la libertà, che dev’essere garantita ovunque, nel nostro Paese compreso. Quindi dissenso, ma anche libertà. In questi anni sono passati davvero tanti personaggi. Mi viene in mente Václav Havel, dissidente cecoslovacco che divenne poi il primo presidente della Cecoslovacchia post sovietica. Ricordo anche un giovane Roberto Benigni con il suo “Cioni Mario di Gaspare fu Giulia””.

Ha qualche idea per le prossime attività del Centro?

“Ci saranno sicuramente te appuntamenti sul dissenso iraniano e poi sulla storia socialista. Vorrei inoltre ridare slancio al respiro internazionale dell’associazione - che, del resto è già nel suo nome - legandolo alla vocazione da capitale della città”.

A proposito di Milano, come la trova?

“È cambiata profondamente rispetto a quella in cui il centro venne fondato. È un’altra cosa rispetto a quella degli anni ’70 e ’80. Ora ha problemi legati alla sua vocazione commerciale e alla percezione di sicurezza, fortunatamente però il periodo buio degli anni ’90, quando i giudici imperversavano, è alle spalle”.