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Politica

Case popolari, la linea: prima chi ha più reddito. Regione e Aler Milano a caccia di soldi freschi

Gli ultimi bandi sono il frutto di una strategia iniziata nel 2020 da Ippolito. “Ridurre il numero di indigenti e la morosità per aprire al ceto medio”

L’articolo pubblicato il 28 gennaio e relativo agli ultimi cinque bandi lanciati da Aler

L’articolo pubblicato il 28 gennaio e relativo agli ultimi cinque bandi lanciati da Aler

Milano – Il primo a dichiararlo pubblicamente fu Domenico Ippolito: il 17 gennaio 2020, esattamente cinque anni fa, l’allora direttore generale di Aler Milano, in un’intervista rilasciata a Il Giorno, affermò e spiegò la necessità di assegnare un numero crescente di case popolari a chi ha redditi superiori a quelli previsti dall’edilizia pubblica e aprire così le porte anche al ceto medio e medio-basso, ridimensionando di conseguenza le assegnazioni alle famiglie bisognose. Una strategia che prosegue ancora oggi sebbene, rispetto al 2020, il direttore generale di Aler Milano non sia più Ippolito ma Matteo Papagni e l’assessore regionale alla Casa non sia Alessandro Mattinzoli ma Paolo Franco.

L’ultima prova sta nei 5 bandi lanciati tra dicembre e gennaio dall’Aler milanese, quelli dei quali si è scritto due giorni fa. In sintesi in uno di questi si riconosce il massimo dei punti a chi, entro la fascia considerata, ha il reddito più alto e non si riconosce alcun punto a chi si attesti sul reddito più basso. Ma non solo: altri due bandi sono stati aperti a chi abbia un Isee comprso tra i 14-16mila euro e i 40mila euro, una fascia ampia abbastanza da mettere insieme condizioni molto diverse. Ulteriore dettaglio: in attesa del riscontro delle assegnazioni effettive, le regole degli avvisi, come già riportato, sembrano orientate verso chi ha redditi più alti. Si tratta, ovviamente, di bandi in valorizzazione che prevedono canoni concordati. L’apertura ai ceti meno disagiati pare sconfessare almeno in parte il senso stesso dell’edilizia pubblica. Ippolito, in quell’intervista, ebbe a dichiarare che si trattava, invece, di un “ritorno alle origini”.

Perché Aler e Regione perseguono questa strada? Perché, nella loro visione, meno indigenti significa meno morosità e meno morosità significa più liquidità, da sempre il tallone d’Achille dell’Azienda lombarda dell’edilizia pubblica: questo l’obiettivo dichiarato. A gennaio 2020 Regione e Aler Milano avevano appena deciso “di mettere a canone concordato 6mila alloggi” che fino a quel momento si era invece pensato di vendere. Perché il cambio di rotta? “Perché la legge – spiegò Ippolito – prevede che possa essere usato per le spese correnti solo il 15% degli introiti che derivano dalla vendita del patrimomio, il restante 85% deve andare in conto capitale. Ma il problema di Aler Milano non è sul conto capitale, è sulla parte corrente. E gli introiti da canoni concordati possono essere usati interamente per la spesa corrente. In più col canone concordato riesco ad intercettare il ceto medio”.

Parole scandite all’indomani dall’entrata in vigore della legge regionale che fissa un tetto massimo al numero di alloggi pubblici che possono essere destinati agli indigenti: il 20% di quelli disponibili. Da qui l’ultimo pezzo del puzzle: “Le famiglie indigenti che vivono nei caseggiati popolari sono circa il 40% del totale – fece sapere Ippolito –. E la morosità incolpevole arriva per il 90% dei casi proprio da qui. La scelta che ha fatto Regione Lombardia e che noi condividiamo in pieno è introdurre un limite al numero di appartamenti che possono essere destinati agli indigenti”.

La domanda, allora, fu chiara: meno indigenti e più ceto medio, meno morosità e più canoni ordinari e concordati, meno ammanchi e più introiti in parte corrente? E la risposta di Ippolito sintetica quanto esaustiva: “Sì”. Dal 2020 a oggi la direzione non è cambiata, basta rileggere quanto dichiarato da Franco a febbraio 2024 e poi ribadito in più occasioni: “Stiamo imprimendo un cambio di passo alle politiche dell’abitare. Lo facciamo offrendo nuove opportunità ai cittadini che rientrano nelle fasce di reddito medio, dai 14 a i 40mila euro di Isee, e medio basso, dai 10 ai 16mila euro Isee”. Complice il risicato numero di case messe di volta in volta nei bandi di valorizzazione nonché la contradditorietà di alcune regole, non si intravedono ancora risultati significativi dal cambio di rotta. Ma la strategia è questa.