Milano, 28 maggio 2019 - Al segretario leghista lombardo Paolo Grimoldi non importa se il prossimo candidato alle Comunali milanesi del 2021 sarà un leghista doc o un civico. E' importante "che sia espressione della Lega di Matteo Salvini", ha sottolineato nella sua analisi riguardo il voto amministrativo. E ancora: "Ci stiamo già attrezzando perché non vogliamo arrivare all'ultimo momento, dopodiché nel merito ci sono delle questioni su Milano evidenti che vanno denunciate con più forza e più determinazione, come gli errori di bilancio con l'aumento del biglietto sul trasporto pubblico locale la gestione delle periferie".
"Su Milano possiamo costruire una proposta alternativa per scalzare il sindaco Sala", ha detto Grimoldi, deciso a mettere a tacere le voci su una Lega meno forte nei grandi centri, come ha dimostrato la tornata amministrativa a Bergamo, che ha visto il trionfo al primo turno del primo cittadino uscente Giorgio Gori, in quota Pd. "Gori ha amministrato bene - ha aggiunto Grimoldi - c'è da ammettere la sconfitta. Dopodichè non possiamo vincere ovunque". Sul caso bergamasco è intervenuto anche il capogruppo leghista a Palazzo Pirelli, Roberto Anelli: "Gori ha amministrato bene e ha anche avuto una campagna elettorale che di fatto è iniziata per la corsa alle regionali (dove Gori sfidò, perdendo, l'attuale presidente Attilio Fontana, ndr)", dice. Dopodichè, Anelli ha sottolineato il fatto che anche a Bergamo la Lega, pur perdendo, ha recuperato il gap con il Pd ("da 10 punti a uno").
Sul dato complessivo di queste amministrative, è evidente la soddisfazione del Carroccio: "Da 146 amministrazioni, dopo questa tornata lombarda la Lega governa in 271 municipalita'", afferma Grimoldi, mentre siamo passati "da 80 sindaci prima del voto a 125. In pratica- precisa- una crescita del 50%". Infine il dato sui Comuni sopra i 15.000 abitanti: "Abbiamo vinto in 12 (da nove) piu' 14 in cui siamo al ballottaggio- ricorda il segretario leghista lombardo- e in nove di questi ballottaggi siamo in testa".
EUROPEE: IL PD BATTE LA LEGA A MILANO - Il 27,3% della Lega a Milano non è male, anzi, è un dato in crescita di dieci punti rispetto alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 (17,4%), addirittura quadruplicato rispetto al 7,4% delle Europee del 2014, ma il vicepremier e leader del Carroccio Matteo Salvini sa bene che è un risultato che non basta per strappare Palazzo Marino al centrosinistra. Certo, il capoluogo lombardo, dopo l’era Formentini 1993-1997, in cui la Lega raggiunse il 40%, non è mai stata una città affettuosa con il Carroccio. Dal 1997 al 2011 è stata berlusconiana, dal 2011 in poi è stata pisapiana, poi renziana e adesso è guidata da un sindaco, Giuseppe Sala, che può ancora vantare una maggioranza relativa di centrosinistra in città, nonostante l’avanzata travolgente della Lega nel Nord e in Italia. Milano non è sovranista, almeno per ora. Salvini ha organizzato all’ombra della Madonnina le manifestazioni più importanti del suo mandato da segretario della Lega, dal corteo «Stop all’immigrazione» del 18 ottobre 2014 fino all’ultimo comizio milanese pre-Europee con tutti i leader sovranisti continentali. Ma niente da fare. La Lega cresce, ma non sfonda ancora nel capoluogo lombardo e non va oltre il 19,4% nel centro storico e il 30% nelle periferie.