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Politica

Pirellone, polemica sulle indennità: “Ridare ai consiglieri regionali pensione e Tfr aboliti nel 2013”

Dopo il tentativo di luglio, fa discutere l’emendamento al Bilancio firmato da Ferrazzi (Gruppo Misto). Se venisse approvato la spesa per le casse regionali sarebbe di circa 620mila euro all’anno

La legge che elimina le indennità è del 2011 ma dispiegò i suoi effetti dal 2013. Una scelta “anti-casta”, quella di allora

La legge che elimina le indennità è del 2011 ma dispiegò i suoi effetti dal 2013. Una scelta “anti-casta”, quella di allora

Milano – I consiglieri regionali lombardi sono chiamati a decidere se riprendersi o no le indennità economiche perse nel 2013 per effetto di una legge approvata due anni prima, quella sul contenimento del costi della politica. Tra i vari emendamenti al Bilancio da oggi in discussione nell’aula del Pirellone ce n’è uno firmato da Luca Daniel Ferrazzi, consigliere del Gruppo Misto, che chiede la reintroduzione di un’indennità differita a titolo previdenziale per chi abbia ricoperto l’incarico di consigliere regionale per un minimo di 5 anni, anche non consecutivi, e abbia compiuto 60 anni, e un’indennità di fine mandato, che scatterebbe alla chiusura della legislatura regionale. Detto altrimenti: l’emendamento chiede di reintrodurre il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e la pensione per chi siede nell’assemblea legislativa lombarda. L’uno e l’altra, come anticipato, sono stati eliminati a partire dal 2013. Chi ne chiede il ritorno sottolinea, però, che si tratta di indennità necessarie per chi non ha un’attività professionale diversa dalla carica di consigliere. Non a caso a luglio si fece un tentativo analogo, stavolta nell’ambito della Commissione Bilancio, e a sostegno degli emendamenti c’era un fronte bipartisan. Il testo, però, fu ritirato prima che fosse messo ai voti.

Nell’emendamento depositato da Ferrazzi si fa di conto. Nella relazione tecnico-finanziaria che accompagna l’esposizione del provvedimento si spiega, infatti che per l’indennità differita a titolo previdenziale si effettuerebbe una trattenuta dell’8,8% sull’indennizzo di carica, vale a dire sulla retribuzione base percepita da un consigliere regionale, che è pari a 6.327 euro al mese. L’ammontare dell’indenittà sarebbe quindi calcolato con il metodo contributivo, incrementando le somme versate in base a una serie di parametri.

L’indennità di fine mandato (o il Trattamento di Fine Rapporto) sarebbe invece pari al corrispettivo di un mese di indennità di carica lorda (quindi i 6.327 euro già menzionati) per ogni anno di mandato, fino a un massimo complessivo di 10 mensilità. Un consigliere regionale di lungo corso potrebbe quindi accumulare una pensione di 63mila euro lordi. I due istituti, si legge nella relazione, sarebbero su base volontaria, quindi spetterebbe ad ogni consigliere decidere se aderirvi oppure no. Nel caso in cui aderissero tutti, la spesa annua per le indennità di fine mandato sarebbe di 620mila euro. Per l’indennità differita, considerando i consiglieri che matureranno i requisiti per riceverla nel 2028, la stima è di 230mila euro, coperti, però, dalla diminuzione di circa 800mila euro delle spese per gli assegni vitalizi ai consiglieri delle legislature precedenti al 2013.

Questi i dati di contesto, all’Aula del Pirellone decidere. Il Movimento 5 Stelle fa sapere di essere contrario: “Al netto dell’esigenza di regolamentare in modo omogeneo a livello nazionale i trattamenti, rifiutiamo e riteniamo totalmente inopportuno continuare, in questo periodo, ad occuparsi dell’argomento attraverso questi maldestri tentativi di blitz – dichiara Nicola Di Marco, capogruppo dei pentastellati in Consiglio regionale –. Il tema deve essere affrontato in maniera uniforme e a livello nazionale, ma soprattutto crediamo che il Consiglio regionale della Lombardia dovrebbe occuparsi di ben altre priorità, rispetto agli assegni a cinque zeri da conferire ai consiglieri al termine del loro mandato. Lo stile arraffa e scappa, che in questi giorni abbiamo visto applicato dal centrodestra in Parlamento con il vergognoso aumento di settemila euro al mese ai ministri non parlamentari, non ci appartiene. Ci aspettiamo che le forze di maggioranza, così come quelle di minoranza, rigettino immediatamente questa proposta”. Il riferimento, qualora non si fosse capito, è ad un altro emendamento, quello presentato alla legge finanziaria del Governo, che prevede di aumentare di 7mila euro al mese il compenso di ministri e sottosegretari non eletti in Parlamento.