Milano, 8 novembre 2024 – Disobbedienza civile. Concetto nobile, quanto complesso. A volte sembra confinato in un passato lontano. Altre ti accorgi che ha un respiro estremamente contemporaneo. Sul presente. Basta andare a stanare racconti e protagonisti. Come prova a fare Marco Cappato in “Da Marco a Marco”, solo lunedì al Teatro degli Arcimboldi. Sul palco la condivisione di trent’anni di lotte e di militanza radicale. Indelebilmente segnati dalla figura (e dall’esempio) di Pannella.
Cappato, cosa ci fa a teatro?
“Non sono da molti anni nella politica ufficiale. Ho sempre fatto una lotta diversa: referendum, disobbedienza civile, azioni popolari. Sento l’urgenza di lavorare su nuove forme di comunicazione e anche il teatro rientra in questa visione. Nel tentativo di condividere una riflessione su temi che hanno bisogno di tempi più lunghi, di andare a fondo”.
Quali sono questi temi?
“Dal fine vita alla ricerca scientifica, fino alla grave crisi del sistema democratico. Mi colpisce ad esempio come le democrazie non stiano intervenendo sull’IA, lasciando il campo libero a società mosse solo da motivazioni commerciali o di controllo. Invece si potrebbe pensare a una IA civica, anche perché se no il sistema rischia l’irrilevanza, il formalismo. Ma è un cambiamento non solo tecnologico. All’estero stanno funzionando bene le assemblee di cittadini estratti a sorte”.
In tutto questo c’è molto della sua storia.
“Sì, mi soffermo su alcune azioni significative, come l’arresto a Manchester per un’azione nonviolenta, quello a Mosca durante il Pride o le vicende legate all’eutanasia, dove mi sono autodenunciato dieci volte e sono in attesa di sette procedimenti penali. Un’azione di politica non ufficiale che nasce ovviamente dall’esempio di Marco Pannella, dai suoi interventi in carne e ossa”.
L’ha definito “uno dei più grandi del secolo”.
“Ma il ricordarlo non è una commemorazione del passato. È invece un proiettarsi forte verso quello che sarà. Marco Pannella ha mostrato come sia necessario metterci la faccia. Non ci si può limitare ad avere delle idee, quelle che i politici chiamano posizioni. Si parte da lì ma le idee non valgono nulla se poi non si mettono in pratica. Ed è un modello che rispolvera qualcosa di antico, che associamo a Gandhi o Martin Luther King. La sua innovazione è stata poi trasformare la lotta nonviolenta in un fatto partitico. Pannella ci insegna oggi qualcosa di necessario per il futuro”.
Che rapporti ha invece con Emma Bonino?
“Buoni ma siamo impegnati in cose diverse. Lei è in +Europa, a cui io non sono iscritto. Ma stimo e rispetto quello che fa. E le sono vicino in questi giorni di fatica”.
Come si fa a reggere il continuo stress di arresti, botte, processi?
“Non ho mai vissuto un senso di peso o di martirio. C’è un oggettivo aspetto positivo: il sentirsi vivi in maniera differente, chiarissima, nel momento in cui si lotta per cercare di tradurre in pratica quello che sentiamo giusto nella teoria. E poi non si è mai soli. Sul tema del fine vita, si percepisce la vicinanza della gente, che emerge anche dai sondaggi. Il sostegno popolare è fondamentale, per quanto non ti metta al riparo dai rischi”.
Cosa distingue la disobbedienza da una banale illegalità?
“Non è tanto una questione di valori, tema che attiene al giudizio politico. La differenza consiste nell’assumersi o meno la piena responsabilità delle conseguenze delle nostre azioni. Non è quindi un concetto da semplice evasore nascosto”.
Regione Lombardia sta affossando la proposta sulle procedure sanitarie dell’Associazione Coscioni?
“La decisione non è ancora definitiva. C’è stato il voto della Commissione ma il 19 arriverà in Consiglio. Il tema non viene considerato di competenza regionale, dopo anni di slogan sull’autonomia locale. Ci stiamo confrontando con una serie di giuristi, vedremo. Ma non è che se non fai la legge il problema si risolve da solo. Le richieste arrivano e sono già una decina”.
Oggi chi fa disobbedienza civile?
“Penso alle donne in Iran. Dove esci di casa senza velo e vieni arrestata, picchiata, uccisa. Il loro è un esempio impressionante”.
Successo e delusioni?
“La riforma più importante è quella che si sta compiendo sul fine vita, attraverso il testamento biologico e la Corte Costituzionale che in merito a Dj Fabo ha depenalizzato il suicidio assistito, in alcuni casi e con alcune modalità. È stata una grande delusione invece il mancato referendum sulla cannabis e l’eutanasia, bocciato dalla Consulta di Giuliano Amato. Eravamo subito dopo la pandemia, c’era un grande desiderio di partecipazione. Il contraccolpo è stato duro. E ancora una volta non il problema è rimasto”.