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Porta Venezia: tre curiosità sul quartiere dello shopping

Apparentemente luogo di passaggio dalla vocazione esclusivamente commerciale, Porta Venezia nasconde una storia antica e molte curiosità. Ve ne sveliamo tre: pronti a vedere il quartiere con occhi nuovi?

Fonte: Wikimedia

Milano, 1 settembre 2016 – Non solo shopping. Attraversata da Corso Buenos Aires, la celebre via dei negozi, a prima vista Porta Venezia potrebbe sembrare un “non luogo” dalla vocazione esclusivamente commerciale. In realtà, si tratta di una zona ricca di storia e curiosità: ve ne raccontiamo tre, per guardare questo quartiere di Milano con occhi nuovi.

Il lazzaretto

«S’immagini il lettore il recinto del lazzeretto, popolato di sedici mila appestati; quello spazio tutt'ingombro, dove di capanne e di baracche, dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portici, a destra e a sinistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi, sopra sacconi, o sulla paglia; [...] e qua e là, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di serventi».

Destinato ad accogliere gli ammalati di peste, così viene descritto da Manzoni ne I promessi sposi il lazzaretto edificato a Milano fra il 1488 e il 1513. La sua costruzione fu voluta dal conte Onofrio Bevilacqua che ne finanziò la realizzazione attraverso un lascito testamentario all’ospedale Maggiore. Il lazzaretto, di cui oggi non restano tracce, era interamente circondato dal “fontanile della salute”, una sorta di fossato riempito dall’acqua del Naviglio della Martesana all’altezza dell’incrocio fra via Settala e via San Gregorio.

A dirigere i lavori fu l’architetto Lazzaro Palazzi che optò per una pianta non a crociera, ma quadrata: in questo modo da un lato della struttura potevano operare i professionisti che si occupavano dei servizi (medici, barbieri, cucine, lavanderie), mentre dell’altro si trovavano i pazienti, opportunamente divisi in tre categorie: sospetti, in quarantena, degenti.

L’interno della struttura era coltivato e l’unica costruzione del quadrilatero era la chiesa: l’abbondanza di spazio libero era legata all’idea che l’aria dovesse circolare per contrastare il contagio. Le 300 stanze previste presto si rivelarono insufficienti: a partire dalla pestilenza del 1576 all’interno del quadrilatero sorse una baraccopoli.

L’albergo diurno Venezia

L’Albergo Diurno Venezia era uno splendido bagno pubblico e un centro servizi a disposizione dei milanesi e dei viaggiatori. Ideato tra il 1923 ed il 1925 da Piero Portaluppi, l’architetto che ha progettato anche il sagrato del Duomo, casa degli Atellani in corso Magenta e Villa Necchi Campiglio, venne inaugurato il 18 gennaio 1926 e occupava una superficie di circa 1200 metri quadri. L’Albergo Diurno Metropolitano di Porta Venezia restava aperto dalle ore 7 alle ore 23, diviso in due parti: il salone degli artigiani verso corso Buenos Aires e le terme verso via Tadino che ospitavano sei bagni di lusso con vasca e i bagni semplici, con doccia.

Nel 1985 le terme furono chiuse e cinque anni dopo la struttura fu data in concessione al Consorzio Oberdan Servizi, costituito dagli artigiani che vi lavoravano. Gran parte degli artigiani lasciò l’Albergo Diurno Venezia alla metà degli anni novanta, vendendo una parte degli arredi che considerava di sua proprietà.

Dopo anni di oblio, la struttura è stata recuperata dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) ed è oggi visitabile.

Una Madonna che piange

La Vergine è raffigurata su un’icona in legno risalente agli anni ’40 del secolo scorso. Come nella più classica delle rappresentazioni, Maria tiene in braccio il Bambino Gesù. Nell’aprile del 2010 alcuni fedeli della Chiesa Ortodossa eritrea di San Nicola hanno testimoniato di aver visto delle lacrime scendere sul volto della Madonna. In poco tempo, si è creata una ressa di persone accorse per ammirare il quadro: la notizia si era diffusa con il passaparola e poi era stata ripresa dai giornali. L’arcivescovo ortodosso della comunità, monsignor Avondios, ha dichiarato: “Sono state fatte immagini termografiche sull’icona che hanno dimostrato che esiste qualcosa di sovrannaturale nel volto di Maria: si riscalda”.

Del caso si è interessato anche il CICAP- il Comitato italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale- che ha prelevato un piccolo campione delle lacrime e lo ha fatto analizzare. Il liquido che riga il volto della Madonna è risultato essere olio vegetale misto ad acqua, senza alcuna traccia di DNA umano. Anche per il Comitato è impossibile determinare come si siano originate le lacrime: non si esclude alcuna ipotesi, truffa compresa. Insomma, il mistero resta.