Milano, 7 dicembre 2022 - Ci sono due grandi protagonisti in “Boris Godunov” di Modest Musorgskij, l’opera che inaugura questa sera la nuova stagione del Teatro alla Scala: il crudele Zar del titolo e il Coro, il popolo russo affranto e deluso, ferito a morte e smarrito. Nella sua umile, incompresa genialità Musorgskij dedica al coro alcune delle pagine più belle della musica russa, pagine che come l’opera stessa segneranno per sempre la musica del XX secolo. Alberto Malazzi, direttore del Coro del Teatro alla Scala, afferma di avere "lavorato a lungo con il coach di russo per ottenere la pronuncia corretta".
Maestro, come riesce il coro a svelare il carattere di un popolo? "Nella prima scena supplica Boris perché accetti di diventare zar, mentre un altro gruppo, unito alle voci bianche, rappresenta i pellegrini venuti anch’essi a chiedere a Boris di accettare, vogliono un nuovo zar e la pacificazione della Russia. Nella seconda festeggia Boris diventato zar. Nel terzo quadro, che si svolge all’interno di un monastero, il coro intona un inno sacro. Nel settimo rappresenta i boiardi, aristocratici della Duma".
Quali sono le maggiori differenze fra i cori di Musorgskij e quelli di Verdi? "Ci sono enormi diversità nella scrittura, quella verdiana fa esprimere al coro i sentimenti del popolo italiano dell’epoca, penso a “I Lombardi alla prima crociata” o a “Nabucco”; Verdi è un uomo del Risorgimento, un patriota. I cori di Musorgskij sono legati alle vicende storiche dell’opera, in Boris il popolo è avvilito, succube del potere; nella prima scena, nel canto di conversazione, il coro dice di essere lì “perché costretto”. E’ un’opera scritta nel 1869 che narra fatti storici avvenuti nel Cinquecento; sia quando il compositore scrive l’opera, sia durante l’era di Boris Godunov il popolo non aveva nessuna possibilità di determinazione".
Com’è la scrittura del compositore russo? "Scabra, essenziale anche per questo è così espressiva. Boris Godunov è un’opera moderna che un compositore a lui coevo, Rimskij-Korsakov non capisce. Musorgskij con Borodin faceva parte del celebre gruppo dei “cinque”, compositori che volevano radicare la propria musica nella cultura russa. Musorgskij è innovativo e incompreso, è costretto a scrivere una seconda versione di Boris, deve introdurre una figura femminile protagonista, Marina; la modernità della sua musica non concede nulla all’edonismo, è potente sia nella parte corale che nell’orchestrazione. E’ un’opera che anticipa i tempi. Rimskij-Korsakov ci mise mano per renderla gradevole per il pubblico e annullare l’incomprensibile, per il suo tempo, modernità".
Anche il repertorio pianistico di Musorgskij non è stato apprezzato per lungo tempo. "Molti pianisti del primo Novecento, lo stesso Horowitz, aggiungevano note a “Quadri di un’esposizione”, la scrittura pianistica è talmente vuota, scarna che a molti interpreti sembrava troppo debole, poco pianistica, “da completare” per renderla virtuosistica, più ricca nella potenza sonora. Purtroppo Musorgskij è sempre stato rimaneggiato, per questo posso dire che la prima versione di Boris Godunov, voluta dal Maestro Riccardo Chailly, è un capolavoro assoluto".