di Giuliana Lorenzo
Arianna Pomposelli è cresciuta con il pallone tra i piedi e incoraggiata da papà Alessandro ha fatto del Calcio a 5 la sua vita. Non solo gioca, allena e ha ideato un suo progetto per promuovere tra le più piccole la conoscenza di questo sport che al femminile è spesso bistrattato. Sogna di vincere contro gli stereotipi, di poter dare il suo contributo allenando e trasmettendo la sua passione nata in una famiglia dove c’è un prodigio del piano, un giocatore di calcio a 11 e una regista di teatro.
Il segreto della Kick Off?
"Il lavoro, ci alleniamo tanto, facciamo lavoro tattico e ci teniamo a giocare un buon calcio a 5. Prepariamo gli allenamenti nel dettaglio".
Fino all’11 non giocherete...
"Stiamo cercando di mettere a punto tutte le cose che non hanno funzionato, per essere più pronte possibili per il finale di stagione. Possiamo ambire a grandi risultati".
Papà, ex giocatore e allenatore, che rapporto avete?
"Mi ha indirizzato: a 4 anni già giocavo a calcio a 5. Lui era allenatore ed è stato anche calciatore della Nazionale. Mi ha allenato per 2 anni a Roma, mi dà sempre qualche aiuto, quando posso lo sento, è un "canale sempre aperto", fondamentale".
Cosa l’ha conquistata dal calcio a 5?
"Il fatto che abbia la velocità di pensiero, ci vuole rapidità e devi spostarti in spazi stretti. Si tocca la palla tantissime volte, ogni azione è potenzialmente da goal, è un gioco dinamico".
Parla già da allenatrice…
"Mi piacerebbe, mi sono abilitata a Coverciano perché sto portando avanti un progetto per le bambine, ‘Be brave’. Vorrei rimanere all’interno di questo sport. Mi sono anche laureata in lettere e ho sempre lavorato nelle scuole calcio. Quest’anno ho preso in mano tutti il giovanile della Kick Off. Le bambine e i bambini sono il futuro".
Be Brave cos’è ?
"È un progetto che porto avanti da 4 anni soprattutto per gli stereotipi di genere, su cui ho fatto la tesi per il corso allenatori. Ho allenato tanti bambini e fatto tanti eventi. È bello trasmettere la passione per il calcio a 5. Ho visto discriminazioni di genere: una bambina deve avere la possibilità di esprimersi, spesso non viene nemmeno proposto il calcio da piccole".
Si sta muovendo qualcosa per il professionismo.
"Per il calcio a 5, siamo ancora lontane, per il calcio a 11 femminile forse ci siamo. Stiamo camminando per diventare uno sport importante. Ci alleniamo e giochiamo da professioniste, è un lavoro. Sarebbe corretto tutelarci, è importante per le donne".