Milano, 20 ottobre 2015 - "Con tutto quello che abbiamo speso, pensavamo che si potesse fare meglio"… Il concetto è stato espresso da Adriano Galliani, il quale parla così perché sente il fiato sul collo degli ultrà, che lo vorrebbero pensionare, e della proprietà, che sperava di poter tornare già da quest’anno in Champions League, il vero campionato che conta. A meno che uno sia così drogato di pallone da esaltarsi alle imprese degli eroi omerici di Frosinone, Empoli e Carpi… Fin che c’era solo il Chievo, un po’ di folklore non guastava. Ma ora che si rischia anche col Sassuolo e altri similari cral aziendali, la serie A è diventata molto pericolosa. A cavallo, com’è, tra il professionismo delle grandi squadre e il dilettantismo istituzionale.
In Lega Calcio contrastano interessi di chi spende l’equivalente del pil di una piccola nazione africana e di chi, con un monte ingaggi che difficilmente supera la spesa per la carta igienica di un club di prima fascia, aspira a una fetta dei diritti televisivi della serie A. Al di là delle inchieste penali (e ne vedremo delle belle anche in casa nostra…), prima di gridare allo scandalo andrebbe risolto questo equivoco di fondo. Professionismo sul modello Usa o calcio duro e puro con poca audience? Sky sta tentando di promuovere come nessuno le squadre e il campionato di serie B. Temiano che finisca in un grande flop: ma chi se la fila la serie B? Arrendiamoci al professionismo, facciamo come nella Major League Soccer senza retrocessioni, né promozioni e dove il contante è ripartito senza inciuci o, peggio, inghippi, e il proprietario di una squadra non rischia il tracollo a causa di una sconfitta. Ma, tornando ai fatti nostri, quello che più conta oggi per la famiglia rossonera è il cash asiatico. Che fine ha fatto mister Bee? Altro che 4-3-3, 4-4-2, 4-3-1-2… A proposito: se non c’è un vero trequartista, perché ostinarsi?
di Cesare Paroli