Milano, 13 gennaio 2014 - Ha vinto poco (un campionato e una Supercoppa Italiana) ma ha avuto il merito di interrompere l'egemonia durata un lustro dell'Inter, riportando lo scudetto al Milan dopo 7 anni. Il suo più grande difetto? Non aver saputo trattare con i senatori (da Nesta ad Inzaghi, da Ambrosini a Seedorf) e averli quindi lasciati andare via senza nemmeno provare a convincerli a ripensarci. "Dovevamo risanare i bilanci", lui si difende così: ma la verità è che ha voluto svuotare lo spogliatoio delle forti personalità - e di chi lo criticava - per diventarne gerarca assoluto.

Massimiliano Allegri è l'allenatore più controverso della storia del Milan: 3 anni e mezzo alla guida del club e un rapporto mai sbocciato con il pubblico di San Siro che dopo la prima stagione - culminata con lo scudetto - non gli ha mai perdonato le eliminazioni in Champions League e l'aver perso un campionato con Zlatan Ibrahimovic in rosa. Già, perchè l'esperienza di Allegri al Milan rischia di essere ricordata più per l'aver interrotto la striscia dello "scudettifero" svedese (che al netto di revoche e scudetti riassegnati ha vinto 8 campionati in 9 anni) che per altro.

Il suo errore? Non aver capito che era giunta la sua ora dopo Siena, con la conquista di un terzo posto oggettivamente miracoloso. Il suo ciclo al Milan era finito lì, ma - con la complicità di Galliani - ha preferito restare aggrappato ad una panchina che non gli apparteneva più per le troppe stoccate del presidente Berlusconi che lo ha sempre "sopportato" più che "apprezzato". Avrebbe dovuto accettare la proposta della Roma (rosa qualitativamente ben superiore a quella rossonera) e lanciarsi nel progetto di rilanciare i giallorossi (che poi hanno trovato un ottimo Rudi Garcia). Ora potrà consolarsi dopo il Mondiale con la panchina della Nazionale. O almeno così pare.

di Luca Guazzoni