GIULIO MOLA
Inter

Notte magica a Milano: l’Inter va in finale ma a San Siro vince tutto il calcio

Festa nerazzurra fuori e dentro il Meazza, che stabilisce il nuovo record di incassi per il calcio italiano. Caroselli di auto in strada, esultanza in piazza Duomo

Festeggiamenti dei tifosi dell'Inter

E’ primavera ma sembra autunno. Nuvoloni carichi d’acqua si aggirano minacciosi su Milano dopo la pioggia a intermittenza del risveglio. L'aria è appena tiepida e c’è più traffico del solito in questo pazzerello inizio di maggio. Avverti sin dal mattino che è cambiato il respiro quotidiano in città, si percepisce un ritmo diverso e si vive ad una velocità alterata. Speranza e incubi nel giorno della verità. Quello che per i tifosi vuol dire “Finale o Monumentale“.

Dalla zona di San Siro che già di buon'ora subisce deviazioni preventive a corso Buenos Aires intasata come tutti i giorni dopo le notti piovose; dal centro già preso d’assalto da chi deve aspettare il tramonto per prendere la metropolitana in direzione Lotto a Brera che come sempre unisce alla perfezione la sua indole artistica alla passione calcistica. Il tutto fra pronostici dispensati nei supermercati in zona Loreto e battute da bar sport con cui si cercava di portare jella al collega di fede opposta. Per settimane è andata avanti così. Fin quando la gente ha cominciato ad accelerare il passo verso la Scala del Calcio, trascinandosi pensieri e ombrelli umidi. Maglie nerazzurre e rossonere sfilavano sul vialone dell’Ippodromo, poi ci si separava dandosi appuntamento per la birra da bere dopo la partita.

Bagno di folla all'arrivo delle squadre, l'Inter resta incastrata nell'affettuoso abbraccio dei supporter ed entra nel ventre di San Siro con qualche minuto di ritardo. Dentro lo stadio lo spettacolo di sempre trasmesso in mondovisione (115 Paesi collegati): un festival di luci e colori, di suoni e di cori. Con le solite, meravigliose coreografie. La Nord interista accoglie anche Marco Materazzi, uno degli “eroi del Triplete“ ed esibisce un guerriero che si protegge con lo scudo dalle frecce degli avversari (gli stemmi delle squadre eliminate) e la scritta a caratteri cubitali "Victoria nobis vita". La curva milanista risponde con la classica coreografia da trasferta (a disposizione c’è solo il secondo anello della Sud): un lungo striscione ed un'esortazione: "All'assalto". E poi una dedica a Bebo Martinotti, un supertifoso (molto amico di Silvio Berlusconi) scomparso pochi giorni fa.

Ma lo spettacolo se lo gode tutto lo stadio (oltre 76.000 spettatori con 12 milioni d’incasso e nuovo record per il calcio italiano) tinto di nerazzurro, anche l’affollatissima tribuna vip dove abbondano le Leggende Nerazzurre: da Stankovic a Sneijder, da Cordoba a Ranocchia, e poi Vieri, Di Biagio e Berti. Con loro altri volti famosi, da Boniek a Figo, con Amadeus e Bonolis, Tananai e Madame. E ancora Belinelli, Fognini e Magnini. Non manca nessuno in un derby stile anni ‘80 che sembra non morire mai, segnaposto indelebile di un tempo di gloria che merita ancora credito. Perché se c’è qualcosa capace di rendere Milano quella città che hai sempre conosciuto, quel qualcosa è il derby. Bauscia e Casciavit, passione e tradizione, ansia ed esaltazione, poesia e superstizione. Perché Inter-Milan è sempre speciale.

Novantacinque minuti di passione e di cori, di sfottò e di incitamenti. Passando dalla disperazione per l'occasione sprecata da Diaz alla gioia irrefrenabile per la rete di Martinez nel finale. Al triplice fischio la festa è stata solo nerazzurra, con lo speaker che incitava intonando "chi non salta rossonero è" mentre i nerazzurri danzavano e si abbracciavano sotto la Nord. Milanisti a testa alta e con gli occhi lucidi sotto la Sud per ricevere l'applauso, meritato, dei tifosi. Con loro per pochi attimi anche Calhanoglu, che non ha dimenticato di aver giocato anche sull'altra sponda del Naviglio e con grande sportività è andato a consolare gli ex compagni prima di unirsi alla festa di tutti gli interisti. Va in finale l'Inter. E' vero. E con grande merito perché ha dimostrato di essere più forte e più cinica. Ma a San Siro hanno vinto un po' tutti, in campo sugli spalti. Sperando di non dover aspettare altri vent'anni il prossimo Euroderby. Perché notti così sono bellissime. E Milano se le merita.

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