GIULIO MOLA
Inter

Una vita all’Inter: lo scudetto del fedelissimo ds Ausilio

Da ventitré anni è un punto riferimento del club, il successo arriva grazie a un lungo e paziente lavoro

Piero Ausilio

Milano, 22 maggio 2021 -  Pochi conoscono l’Inter e la Pinetina meglio di lui. Ventitrè anni di fedeltà, passando dall’era morattiana alla parentesi di Thohir fino a Suning. Cambiano le Proprietà ma questo signore laureato in Giurisprudenza è sempre lì, silenziosamente al suo posto. Perché un dirigente come lui, serio e competente, risulta essere indispensabile soprattutto quando le cose non vanno, e magari servono le idee prima ancora delle strategie. Piero Ausilio, l’uomo del mercato nerazzurro, arrivò nella vecchia sede di via Durini nel gennaio 1998 come segretario del settore giovanile: la giusta gavetta per poi diventare responsabile organizzativo e in seguito direttore del vivaio nerazzurro (sotto l’occhio vigile del talent scout Pierluigi Casiraghi), prima di un’esperienza nello Spezia. Negli ultimi undici anni si è preso oneri e onori, partecipando con pazienza e impegno alla ricostruzione di una squadra che si era sbriciolata dopo il “Triplete“.

Difficilmente Ausilio si nega al telefono. Se lo conosci, di lui ti può fidare, perché preferisce stare zitto piuttosto che mandarti “fuori strada“. Non ti dirà mai in quale città si trova e quale partita andrà a seguire ma non ti racconterà bugie, soprattutto se la fiducia è reciproca. Se deve depistarti lo farà con “classe“ («Uno va a trattare un giocatore e poi gli si apre un’altra opportunità...», la classica risposta quando il cronista scopre che l’obiettivo è un altro rispetto a quello immaginato). Più facile che ti dia una mano a non scrivere inesattezze («Non facciamo acquisti, non sono previsti investimenti, inutile dire che prendiamo Cavani o Di Maria...», continuava a ripetere dalla scorsa estate senza essere creduto) perché lui non è proprio il tipo da “fantamercato“ («Ma come pensate che possano arrivare certi calciatori con il nostro tetto agli stipendi?», ripete nei “fuorionda“ da circa un anno). Non è abituato a strillare e neppure a fare proclami, parla a bassa voce ed è sempre educato con tutti, soprattutto con i giornalisti. Anche con quelli che, chissà per quale misterioso motivo, per un certo periodo lo attaccavano a prescindere. Nel 2010 Ausilio è diventato direttore sportivo dell’Inter, dal febbraio 2014 è stato promosso come responsabile della gestione tecnico-sportiva della prima squadra, dello scouting, del settore giovanile.

Fra le sue prime scoperte i giovanissimi Balotelli e Martins, ma pure Bonucci, Pandev, Destro, Benassi, Obi e Donati, tutti arrivati in prima squadra e poi esplosi altrove. Per non parlare di Mauro Icardi, pagato appena 13 milioni. E su Dybala, nell’estate del 2015 era arrivato per primo offrendo 28 milioni al Palermo, purtroppo per lui pochi rispetto ai 40 messi sul piatto dalla Juventus. Ma nel tempo si è preso belle soddisfazioni, collezionando affari da applausi, non solo figurine. Le basi dell’Inter che ancora oggi festeggia lo scudetto furono poste con gli acquisti di Brozovic (gennaio 2015) e Skriniar (luglio 2017), costati meno di 50 milioni. Ausilio non si è mai preso i meriti, è rimasto sempre nell’ombra, lasciando ad altri il palcoscenico. Anche nel giorno del diciannovesimo tricolore, mentre qualcuno sventolava il bandierone. Non è uomo da copertina, non gli piace mettersi in prima fila davanti alla lucina rossa della telecamera perché da anni è abituato a lavorare (bene) dietro le quinte. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Facile dirlo ora, ma mica è stato così semplice fare importanti plusvalenze nei tempi del fair play finanziario (con la necessaria cessione di Zaniolo condivisa da tutti) o accontentare Antonio Conte che nell’estate del 2019 voleva Lukaku a tutti i costi (la parte più complicata fu convincere Zhang a spendere più di 70 milioni, perché l’alternativa era Leao...), oppure anticipare la concorrenza (l’Atletico Madrid) per la “scommessa“ Lautaro Martinez. Per non parlare di un’altra felicissima intuizione, investire 31 milioni sul baby Bastoni prima e 45 per Barella dopo. Due giovanotti che adesso valgono il doppio. Insomma, quando si poteva investire i soldi sono stati spesi bene.

Fra le brillanti operazioni di Ausilio alcune anche a costo zero (come De Vrij, preso dalla Lazio), altre un po’ a sorpresa (Eriksen nel gennaio 2020). E poi ci sono quelle mancate per un soffio (Dzeko dalla Roma, affare sfumato a gennaio per 3 milioni). Vero, gli immancabili brontoloni gli rimproverano l’acquisto di Gabigol (in realtà l’operazione passò sulla sua testa perché fu condotta da Kia Joorabchian), Kondogbia (tutti possono sbagliare...) e pure gli ingaggi di Kolarov e Vidal nella scorsa estate, dimenticando che dal febbraio 2020 (ottimo affare Hakimi) Suning ha chiuso la cassaforte e che quindi ad agosto si è fatto mercato solo con gli svincolati (la richiesta di Conte che avrebbe voluto Kantè è rimasta nel cassetto). Anzi no, perché l’ottimo Darmian era stato già “bloccato“ per una manciata di milioni prima che andasse al Parma. Un anno fa, più o meno di questi tempi, Ausilio fu contattato dalla Roma. Decise di non andare via, nonostante le sirene tentatrici giallorosse. Voleva raccogliere i frutti del suo lavoro e festeggiare con l’Inter. I fatti gli hanno dato ragione. Adesso però anche lui gradirebbe conoscere le intenzioni di Suning, come Marotta, come Conte, come i calciatori. Insomma, come tutti. Lo stesso Lele Oriali è stato chiaro: «Non sappiamo neppure sede e data del ritiro, tutti dobbiamo capire qualcosa dalla proprietà». Il mercato autofinanziato e a costo zero sembra una delle poche certezze. Con tutti i rischi del caso. Perché i miracoli non è facile ripeterli, in campo per Conte e i giocatori come al tavolo delle trattative per Ausilio. E ai tifosi non si possono regalare illusioni. © RIPR