
Antonio Conte
Milano, 18 febbraiom 2021 - Un gruppo affiatatissimo di instancabili lavoratori. Alla base del primato dei nerazzurri non c’è solo una dirigenza competente (che saputo ben investire i denari ricevuti dalla proprietà quando ancora si poteva spendere), un allenatore straordinario (e vincente) ed uno spogliatoio di campioni. C’è molto di più. Lo staff medico guidato dal dottor Piero Volpi, prima di tutto, il “first team technical manager“ Lele Oriali certamente. E poi gli “invisibili“ fedelissimi dell’allenatore. Una mezza dozzina in tutto, pochi ma buoni strettissimi collaboratori che da anni seguono il tecnico salentino un po’ ovunque. Restando sempre nell’ombra, oppure talvolta, come è successo di recente a Cristian Stellini, finendo necessariamente sotto i riflettori. All’ex difensore di Genoa e Bari è toccato proprio nelle scorse settimane il compito di accomodarsi in panchina, per prendere il posto di Conte squalificato per due giornate dopo il sabato nero di Udine dello scorso 23 gennaio. Prima col Benevento (a San Siro) e poi al Franchi contro la Fiorentina sono arrivati comunque due successi perché uno dell’esperienza di Stellini, legato ad Antonio da una profonda amicizia, sa alla perfezione cosa pretende l’allenatore dai suoi.
Stellini ha cominciato a lavorare al fianco di Conte appena finita la carriera da calciatore. Le ultime tre stagioni con gli scarpini ai piedi, dal 2007 in poi, li ha vissuti infatti a Bari, i primi due sotto la guida del tecnico leccese. Un legame che si interrompe per un anno, quello sfortunato vissuto da Conte per metà da allenatore dell’Atalanta e per l’altra metà da disoccupato in attesa di una chiamata. Appena arrivata quella da Siena, il sodalizio si ricompatta e torna attivo, stavolta con Stellini nelle vesti di assistente. Insieme salgono dalla serie B alla A con i toscani e vivono le prime soddisfazioni nell’anno d’esordio di Conte da tecnico della Juventus. Vicende extracalcistiche, purtroppo, mettono per un periodo ai margini Stellini: così, sia nella seconda parte dell’esperienza bianconera, che da commissario tecnico azzurro e da guida del Chelsea, il “comandante Conte“ prende in mano il timone della barca senza il suo “fido“ consigliere. Con l’addio di Angelo Alessio allo staff, Stellini ritrova posto nella truppa come vice all’Inter e, come detto, si toglie la soddisfazione di sostituire in panchina l’amico-collega in occasione dello stop del giudice sportivo.
All’Inter Antonio ritrova anche Antonio Pintus, il cui legame lavorativo è di vecchissima data. Pintus, infatti, faceva il preparatore alla Juventus negli anni ‘90, così apprezzato dai giocatori da essere chiamato da Zinedine Zidane nel Real Madrid tre volte campione d’Europa. Ha conosciuto e aiutato in carriera giocatori come il franco-algerino, Drogba, Cristiano Ronaldo, prima di arrivare all’Inter con il compito di far correre e mettere nelle migliori condizioni fisiche Lukaku e compagni. Conte è uno dei suoi più grandi estimatori (il “capolavoro“ per cui Pintus si fece apprezzare fu il miracolo Monaco, guidato da un altro ex bianconero, Didier Deschamps) e quando lo chiama per fargli lasciare la “Casa Blanca“ riesce nell’intento di portarlo a Milano per una nuova sfida.
Pintus è un torinese verace in mezzo a uno staff nel quale la Lombardia è ben rappresentata con il già citato Stellini (nativo di Cuggiono, hinterland milanese) e Paolo Vanoli, varesino di nascita e scuola calcistica. Vanta una sfilza di maglie vestite in carriera e il picco in carriera di un 1999 con Coppa Italia, Coppa Uefa e Supercoppa Italiana messe in bacheca nel giro di pochi mesi a Parma. Successi che gli valgono due presenze in Nazionale, un mondo che torna a respirare quando comincia a lavorare da allenatore. Vive un’esperienza di sei anni con i giovani azzurri delle Under italiane tra il ruolo di vice e quello di primo allenatore. Per un anno resta in Federazione lavorando assieme a Ventura, ma nel 2017 Conte lo chiama a Londra come collaboratore tecnico e da quel momento comincia un’avventura che continua tuttora all’Inter.
Capitolo a parte merita Gianluca Conte, che di Antonio è il fratello. Ma pure amico, consigliere, insomma un vero e proprio braccio destro. Sempre insieme, sempre uniti. A cena la sera nel solito ristorante torinese negli anni in cui Antonio giocava con la Juventus, vicini in tribuna poche settimane fa quando il tecnico era squalificato. Un siparietto che non è sfuggito all’occhio delle telecamere, con l’allenatore che in un “box“ del Franchi quasi strappa il telefono al fratello per comunicare con la panchina. Un’immagine diventata virale e che rafforza un legame fortissimo fra i due. Antonio e Gianluca condividono il campo e spesso le vacanze sui litorali del Salento, si fidano ciecamente l’un dell’altro, anche se il secondo - di tre anni più giovane e con una laurea in scienze motorie - è una presenza ben poco appariscente.
C’è sempre ma non si vede, analizza le partite in ogni dettaglio (aiutato ovviamente dagli strumenti tecnologici) e non di rado interviene (scendendo negli spogliatoi pochi istanti prima dell’intervallo) per suggerire ad Antonio possibili modifiche, dopo aver fotografato situazioni di gioco. Del resto Gianluca di calcio ne capisce parecchio: è cresciuto nelle giovanili del Lecce (città in cui è nato), anche se nonostante l’esordio in serie A nel 1989 con Mazzone allenatore (Virdis e Moriero alcuni dei suoi compagni di squadra) non è riuscito ad imporsi come avrebbe voluto. In compenso Conte jr è stato “fidatissimo“ braccio destro di Antonio fin dalla felice esperienza del fratello sulla panchina al Bari (2007-2009). La coppia si è “divisa“ soltanto nella breve esperienza (sei mesi) di Antonio con l’Atalanta (2009-2010) ma dietro a tutti i grandi trionfi di Antonio (alla Juventus, in nazionale e al Chelsea) c’è anche la competenza e la passione del fratello. Una squadra nella... squadra insomma. Per poter sognare. Per provare a ripercorrere le orme di un passato felice. Perché quest’Inter è veramente un gruppo fortissimo. E Conte si è scelto gli uomini migliori.