GIULIO MOLA
Milan

Milan, Ibrahimovic si scusa con Fonseca e i tifosi: “Sbagliato mandarlo in conferenza stampa”

Il nuovo allenatore rossonero Sergio Conceicao si presenta: “Sono venuto qui perché alleno una delle migliori squadre al mondo. È stato tutto molto veloce. La sfida con mio figlio? Sul campo un avversario”

"Orgoglio e passione. Ai giocatori devono brillare gli occhi" (compreso Tomori, la cui cessione alla Juventus è stata "congelata") . E ancora, a proposito di paragoni con chi lo ha preceduto: "Il mio gioco dominante è metterlo dentro. Tutto qua!" Nessun proclama ma idee chiare, con la consapevolezza che non c'è tempo da perdere: l'inizio dell'avventura rossonera di Sergio Conceiçao arriva nell'ultimo giorno dell'anno, un 2024 avaro di soddisfazioni per il Milan, figlio anche di un disastro gestionale che ha trovato conferme con le modalità con cui si è deciso l'esonero di Paulo Fonseca dopo Milan-Roma. Toccherà ad un altro tecnico portoghese rimettere insieme i cocci di uno spogliatoio in grande stato confusionale e dove l'anarchia regna sovrana dall'inizio della stagione. Il nuovo allenatore sa di arrivare in un ambiente carico di tensioni e polemiche, tra rumorose contestazioni della tifoseria per le scelte di proprietà e società e risultati che non arrivano in una stagione piena di controsensi e discontinuità. Ad accompagnarlo davanti alla platea dei cronisti, poche ore dalla partenza per l'Arabia Saudita (dove i rossoneri saranno impegnati nella semifinale contro la Juventus) -, Zlatan Ibrahimovic, senior advisor di RedBird, che torna a parlare e a spiegare seduto accanto al nuovo tecnico. Il braccio destro di Gerry Cardinale sembra sereno, la sua mimica facciale lascia trasparire sicurezza, le sue parole provano a spiegare il caos degli ultimi giorni, con un tardivo ma opportuno "mea culpa". Ed è forse questa la vera notizia: che uno come Ibra possa chiedere scusa a qualcuno. Lo ha fatto.

Sergio Conceicao, Zlatan Ibrahimovic e Paulo Fonseca: futuro, presente e passato del Milan
Sergio Conceicao, Zlatan Ibrahimovic e Paulo Fonseca: futuro, presente e passato del Milan

Subito si parla di chi ormai è fuori dalla famiglia Milan: "La responsabilità non è solo dell'allenatore ma è di tutti - dice Re Zlatan scuotendo il capo e alzando gli occhi -. Voglio ringraziare Paulo Fonseca per quello che ha fatto, per il professionista che è, per il tempo che è stato qua: massimo rispetto per lui". Poi i motivi dell'esonero, che nulla aggiungono a quanto si poteva sapere: "Non è riuscito ad avere continuità con i risultati e quando sei il Milan i risultati sono fondamentali (in realtà Paulo non paga solo la mancanza di risultati ma anche altro, vedi il pessimo rapporto con i senatori, ndr). La decisione dell'esonero l'abbiamo presa dopo la partita". Quindi un'ammissione di colpa, non proprio scontata: "Abbiamo fatto un errore a mandarlo in conferenza stampa: chiedo scusa a Paulo e ai tifosi". Tutto "pro forma", come l'assunzione di responsabilità di Ibrahimovic, che finalmente esce dalla trincea per dare segnali ad una tifoseria delusa e arrabbiata. "Capiamo i tifosi e abbiamo rispetto, siamo i primi a non essere soddisfatti e non lo saremo finché non raggiungiamo i nostri obiettivi. La Supercoppa è uno dei nostri obiettivi. La responsabilità non è solo dell'allenatore ma è condivisa con tutti, dobbiamo prendercela. Nel male e nel bene il Milan è sempre preparato per il prossimo step, non ci sono scelte dettate dal panico", ha aggiunto. Si volta pagina, si riparte da Sergio Conceiçao: "Perché abbiamo scelto lui? È una persona molto diretta, porta carattere, è un vincente. Ha già avuto esperienza nell'entrare a metà campionato e ha fatto molto bene, grandi risultati al Porto. Ieri è arrivato e ha voluto subito la squadra in campo a lavorare. Ora dobbiamo metterlo nella condizione di fare il meglio possibile". Palla e parola all'allenatore, pratico e deciso. Non ama i giri di parole, qualche preambolo e poi passa alla concretezza: "Per me è un piacere venire a lavorare in una squadra così importante. Ne sono orgoglioso, un passo in avanti nella mia carriera e di quella del mio staff. I tifosi sono l'anima del club. Senza di loro è difficile vivere e crescere, e noi dobbiamo rispettare questi valori ed in questo senso lavorare e dimostrarci essere all'altezza del Milan. Se sono qua non è un buon segno, significa che qualcosa non è andata bene. Non c'è tanto tempo per lavorare sulla partita contro la Juventus. Non ci lamentiamo, non cerchiamo scuse". Ma è un problema di testa o di gioco? Il tecnico ha una sua idea: "Non c'è il problema di una cosa, ci sono tante cose che non funzionano. Altri preferiscono parlare di tattica, altri di problemi fisici, altri mentali. Paulo ha avuto bellissimi periodi qua, altri non tanto, ma questo fa parte del mestiere dell'allenatore. Noi cerchiamo sempre la perfezione, ma non è possibile. GIochiamo contro avversari di qualità, sia in Italia che in Champions League, ma noi siamo preparati per questo". Alle porte il debutto, ma pure la sfida in famiglia col figlio che gioca nella Juventus: "Ho cinque figli che sento tutti i giorni. Francisco a livello professionale sarà un avversario, a casa mio figlio. Noi possiamo cambiare sistema, dopo c'è tutto lo spirito e la mentalità della qualità, che questa non è negoziabile. Questa fame di arrivare a fine partita sapendo di aver dato tutto per vincerla non è facile. La vivo intensamente la partita, e voglio che i miei giocatori lo facciano come me, proprio come i tifosi. È questa la strada da intraprendere. Devono brillargli gli occhi quando entrano a Milanello". E ancora: "Perché ho accettato Milanello? Per il me il timing del Milan non è stato importante. È stato tutto molto veloce. E ora sto allenando una delle squadre migliori del mondo. Non potevo dire di no anche se avevo altre situazioni che rispetto molto". Poi parla dell'approccio con i giocatori: "Non è che devo cambiare adesso, ho 50 anni. Sono allenatore da 13 anni, non ho cominciato ieri. Loro sanno che hanno davanti qualcuno diretto. Ci saranno sempre 11 più contenti, chi va in panchina un po' meno. Ma questa è la gestione del gruppo, comunicazione diretta, allenamento al massimo. Possono anche essere un po' più tristi perché non giocano, ma questo deve dare forza, come la pressione, che fa parte dei grandi club. Però le parole restano parole, i risultati contano. Io vado con le mie convinzioni a livello di lavoro e tattico. Il sistema per me non è tanto importante, ma la dinamica sul campo. Poi c'è una strategia, una base, un lavoro sui principi: la squadra deve capirli. Il gioco dominante? Per me il calcio è semplice, molto semplice: c'è una porta e bisogna fare gol e non prenderli. Se poi il gioco dominante significa altro, per me significa fare i risultati. Possesso palla, tiki taka: per me il tiki taka è metterla dentro". Chiosa finale sugli obiettivi, la Champions in primis: "Faremo di tutto per arrivarci. C'è tanto lavoro da fare. Ci sono giocatori importanti, dobbiamo lavorare con quelli che abbiamo a disposizione. Ho fiducia in tutti loro, e con quelli che sono disponibili andiamo a lottare per vincere già contro la Juventus. Theo e Leao? Per me sono uguali per come gestisco lo spogliatoio. Non faccio la differenza se uno ha 17 anni o 37, dipende da cosa farà in allenamento. Nello spogliatoio loro sanno che il discorso è uguale per tutti". Spogliatoio dentro il quale Ibrahimovic è tornato alzando la voce: lo svedese ha voluto parlare alla squadra per spiegare la scelta di cambiare allenatore e per spronare tutti i componenti della rosa a rendere meglio in questa seconda parte di stagione, dove tutti sono chiamati a un cambio di atteggiamento rapido. Un duro discorso al gruppo, durante il quale è stato chiarito come l'esonero di Fonseca fosse una sconfitta per tutti, non solo dell’ex allenatore. Ibra ha specificato come non esista più alcun alibi per nessuno e che ora i giocatori dovranno reagire e portare i risultati.

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