ALESSANDRO LUIGI MAGGI
Milan

Il derby è cosa del Milan, i rossoneri alla finale di Coppa Italia e l’Inter dice addio al triplete

Tre gol rossoneri e derby ribaltato: il Milan domina l’Inter e vola in finale. Jovic decisivo assieme a Reijnders, Inzaghi travolto. Lezione tattica e mentale: troppe certezze crollano

L'esultanza del Milan al termine della partita

L'esultanza del Milan al termine della partita

Milano, 23 aprile 2025 – Ci sono, nelle insondabili vie del calcio, episodi e confronti che ribaltano certezze costruite in mesi e mesi, se non anni. L’Inter è più forte, più squadra, più lanciata verso traguardi irraggiungibili da ottobre, se non prima, per il Milan. Eppure, l’accesso dei “cugini” alla finale di Coppa Italia non passa solo per qualche errore “perdonato” dai rivali nel primo tempo, per una differenza di motivazioni e, anche, di condizione attuale. Quello di San Siro è il terzo successo in cinque gare per i rossoneri, senza sconfitte: troppo per essere frutto del caso. 

Luka Jovic, a sinistra, "pazzo" di felicità dopo il primo gol della doppietta assieme a Theo Hernandez
Luka Jovic, a sinistra, "pazzo" di felicità dopo il primo gol della doppietta assieme a Theo Hernandez

Il Milan rivede l’Europa

Paulo Fonseca prima, soprattutto Sergio Conceicao dopo, hanno trovato l’antidoto per portare dalla loro parte il diretto confronto cittadino, e ora il Milan con l’ultimo atto rivede anche più vicina un’Europa dignitosa. Non che il tecnico portoghese abbia azzeccato di partenza tutte le scelte, subendo molto nella prima fase di gara, pagando un assetto difensivo troppo alto (3-4-3? Più 4-4-2 con Pulisic o Leao a schiacciarsi sulla linea del centrocampo), con Barella a raddoppiare con successo sul portoghese con il numero 10. Ma qui si ritrova un altro confronto con un vincitore inatteso. Lautaro Martinez mal gestisce una ghiotta torre di Taremi alla mezzora, Luka Jovic a cavallo tra primo e secondo tempo colpisce due volte da centravanti vero, prima svettando imperioso in area (e avviando, con lo stile dell’argentino, l’azione a centrocampo), quindi concretizzando in rete una palla sporca in area di rigore.  

La delusione sul volto di Lautaro Martinez (a sinistra)
La delusione sul volto di Lautaro Martinez (a sinistra)

Classe serba

È Il serbo classe 1997 a vincere la sfida dei “numeri 9”, lui che dopo l’estromissione dalla lista Champions era stato per mesi fuori da ogni scelta tecnica. E quanto sarebbe servito quest’anno a Simone Inzaghi un’alternativa simile: abile nella sponda, concreto, continuo nell’evoluzione di gara, non certo come il fantasma di Taremi uscito di scena ad inizio ripresa. “Basta” urla il tecnico piacentino prima di chiamare quattro cambi al settimo della ripresa, bocciando anche Dimarco (una traversa e poco altro), Barella (bene su Leao, come detto, ma mai nel vivo della manovra), e Asllani (ennesima dimostrazione di inadeguatezza a questo livello). Con Chalanoglu, Frattesi, Arnautovic e soprattutto Zalewski (giocatore utilissimo, con i suoi uno contro uno, in questa fase di flessione generale della squadra), è un’altra Inter, anche se le occasioni nel primo tempo sono comunque tre, e nette, prima del vantaggio avversario. 

Malick Thiaw (Milan) e Davide Frattesi (Inter)
Malick Thiaw (Milan) e Davide Frattesi (Inter)

Questione di convinzione

Perché oggi nel derby la differenza pare soprattutto di convinzione: il Milan ne ha, pur con tutti i suoi difetti strutturali e la devastante scollatura con il pubblico, e il 3-0 di Reijnders è un colpo durissimo. L’Inter no, e saranno le prossime due gare, Roma e Barcellona, a dire se il calo sia naturale quanto momentaneo, o progressivo e decisivo nella corsa a tutto, che oggi perde un pezzo. Intanto, in finale ci va il Milan, chiudendo una serie dominante dopo le lezioni degli scorsi anni. Per l’Inter non sarà triplete, ma ora la missione è ritrovarsi. E questo 0-3 fa malissimo, più della zampata di Orsolini.

Tijjani Reijnders (Milan) e Nicolò Barella (Inter)
Tijjani Reijnders (Milan) e Nicolò Barella (Inter)

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