Monza – Per anni sarebbe stata molestata sessualmente dallo zio, agente di polizia penitenziaria ora in pensione. Poi ha avuto la forza di confidarsi con la madre, dopo averla sentita discutere con la moglie del presunto orco sulle attenzioni morbose dell’uomo per le ragazzine, e di presentare denuncia. Ora per il 65enne è arrivata l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per violenza sessuale firmata dal gip del Tribunale di Monza Gianluca Tenchio.
I fatti contestati all’ex agente penitenziario vanno fino al 2020 e sarebbero iniziati quando la ragazza, ora studentessa universitaria 24enne, era preadolescente. Palpeggiamenti, strusciamenti, subìti per lungo tempo ogni volta che la presunta vittima restava sola con lo zio. Abusi che avrebbero causato alla giovane danni psicologici ma anche ripercussioni sulla sua salute fisica. Da qui la decisione di intraprendere un percorso psicologico, poi anche la decisione di rivolgersi a un centro antiviolenza dopo essersi consultata con la madre. Fino alla denuncia presentata in Questura a Monza e il fascicolo penale arrivato sul tavolo del pm monzese Alessio Rinaldi, che per il 65enne aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. All’interrogatorio di garanzia dopo l’esecuzione dell’arresto l’indagato non ha risposto alle domande del giudice ma si è dichiarato innocente. Resta agli arresti domiciliari a disposizione della magistratura.
Per troppi anni, da quando aveva, secondo il suo racconto, non più di 10 o 12 anni, la ragazzina si era tenuta tutto dentro, celando un orrendo segreto di comportamenti sessuali a cui veniva sottoposta, atti ancora più gravi perché vissuti tra le mura domestiche, nella famiglia allargata ai parenti più stretti, dove si dovrebbe sentirsi sicuri e protetti. Invece quello zio si sarebbe trasformato in un orco, che la ragazzina si sentiva pure in colpa a sbugiardare, temendo di non essere creduta, perché quel parente era di casa, benvoluto e amato dai suoi ignari genitori. Ma gli effetti della sofferenza psicologica avevano iniziato ad emergere e, ancora una volta, la piccola presunta vittima aveva nascosto quel dolore che la affliggeva.
Fino a quel discorso sentito per caso tra la mamma e la zia, moglie dell’agente di polizia penitenziaria, che faceva riferimento proprio al sospetto che l’uomo si comportasse con le ragazzine con un atteggiamento a sfondo sessuale. Quella goccia aveva fatto traboccare il vaso, dando finalmente alla ragazza ormai più grande l’appiglio per confidarsi con la madre. Una bomba era scoppiata in famiglia, ma aveva aperto la strada a un percorso di denuncia e finalmente di cura.