DARIO CRIPPA
Cronaca

Al riparo dai nazisti . Quando Hitler voleva la Corona Ferrea per dominare il mondo

Era convinto fosse magica perché era stata vicina alla Lancia di Longino ma la Curia di Milano e l’arciprete di Monza organizzarono in segreto una rete clandestina per metterla al sicuro nella sala egizia del Vaticano .

Era convinto fosse magica perché era stata vicina alla Lancia di Longino ma la Curia di Milano e l’arciprete di Monza organizzarono in segreto una rete clandestina per metterla al sicuro nella sala egizia del Vaticano .

Era convinto fosse magica perché era stata vicina alla Lancia di Longino ma la Curia di Milano e l’arciprete di Monza organizzarono in segreto una rete clandestina per metterla al sicuro nella sala egizia del Vaticano .

Hitler aveva un debole per l’esoterismo. Era convinto che per dominare il mondo avrebbe dovuto mettere le mani sui cosiddetti “Oggetti del potere” come il Sacro Graal o la Lancia di Longino, la Lancia con la quale un centurione trafisse il costato di Gesù sulla Croce.

Era risaputo, tanto che durante la Seconda Guerra Mondiale ci fu chi tentò di mettere al riparo alcuni di questi tesori. Successe anche in Italia, accadde anche in Brianza.

A Monza infatti si trovava (e si trova tuttora) un gioiello servito per incoronare sovrani e imperatori che, secondo la tradizione, custodiva al proprio interno uno dei Chiodi con cui fu crocifisso Gesù. È la Corona Ferrea e proveremo a raccontare il suo ultimo viaggio.

I venti della guerra stanno travolgendo il nostro Paese. Nel Duomo di Monza è custodita quella che non solo rappresenta la più cospicua collezione di oreficeria barbarica e longobarda d’Italia, ma c’è anche una sacra reliquia. E agli occhi dei Nazisti ha un valore particolare: nel suo peregrinare è stata anche a Vienna, fra il 1859 e il 1866, durante le alterne fortune delle Guerre d’Indipendenza. Proprio accanto a un altro oggetto che riveste grande significato per il Misticismo nazista: la punta della lancia di Longino, considerata dal Führer un talismano invincibile. La Lancia sacra, la Corona Ferrea. Unire di nuovo questi due oggetti fa gola.

Bisogna fare qualcosa per impedirlo. "È assieme veneranda reliquia cingendo uno dei chiodi che trafissero il Salvatore, glorioso cimelio storico legato alle incoronazioni degli antichi Re d’Italia, di Carlo V e di Napoleone…". Con queste parole si apre la relazione preparata per la Soprintendenza milanese il 10 aprile 1941. La Chiesa, in particolare la Curia di Milano, sta arruolando infatti alti prelati e funzionari della Soprintendenza. Molte opere d’arte vengono nascoste in camere blindate segrete o in luoghi attentamente scelti per non dare nell’occhio.

Vengono presi contatti con funzionari dei Paesi come la Svizzera che possano offrire un rifugio nel caso in cui le cose precipitino. Viene costituita una rete clandestina. Il 1° settembre del 1939 una lettera inviata dal cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, elenca le opere d’arte sacra più significative custodite nelle chiese o nei musei lombardi. Dopo qualche mese alcune di queste, fra le più semplici da spostare, vengono portate nel Duomo di Milano.

Nel tardo pomeriggio del 10 giugno 1940 anche l’arciprete di Monza Pietro Dell’Acqua riceve una lettera dall’arcivescovo di Milano. Occorre mettere al sicuro anche il Tesoro di Monza. L’arciprete prende nota. E, dopo aver chiamato il Consiglio della Fabbrica del Duomo di Monza, stila una lista. Non c’è tempo da perdere e così il giorno seguente, alle 16.30, Antonio Mascheroni, esponente di una fidata famiglia di notai, compila il documento ufficiale di consegna delle casse al cardinale Schuster. Ad assistere alle operazioni, nello studio dell’arcivescovo, ci sono l’arciprete di Monza e l’ingegner Giuseppe Biffi, membro del Consiglio della Fabbrica del Duomo. Nessun altro, per essere certi che la discrezione dell’operazione sia rispettata. "Per trasportare in luogo più sicuro dai pericolo di danneggiamento, specialmente per incursioni e bombardamenti aerei, durante l’attuale stato di guerra" recita il documento vidimato dal notaio Mascheroni, vengono riempite quattro cassette. Dentro ci sono la Corona Ferrea, la Croce del Regno, la Croce pettorale di San Gregorio e "altri cimeli religiosi".

Le prime tre reliquie, le più preziose, vengono deposte in una speciale cassetta in legno di quercia rivestita all’interno di raso rosso. All’esterno della cassa, c’è "la figura scolpita nel coperchio della stessa corona e croce". In una seconda cassetta, contrassegnata dalla lettera “A”, viene inserita la tazza di zaffiro usata da Teodolinda durante la cerimonia di fidanzamento con Agilulfo nel 590 d.C. Nella cassetta “B” trovano posto il Reliquario di Berengario, detto anche il “Reliquario del dente di San Giovanni Battista”, che racchiuderebbe un dente, le ceneri e i capelli del Santo, e la Croce di Agilulfo. Nell’ultima cassetta, contrassegnata con la Lettera “M”, finisce il Calice di Gian Galeazzo Visconti. Tutte le cassette vengono chiuse con funi e nastri di sicurezza, e quindi contrassegnate dai sigilli di ceralacca con lo stemma del cardinale.

Basta un’ora di lavoro, tutte le precauzioni sono state prese per garantire che, una volta terminata la guerra, tutti questi oggetti siano restituiti al Duomo di Monza. Schuster si impegna anche a nome dei suoi successori.

Il tesoro è pronto a partire. E, in caso di imprevisti, viene predisposto un rifugio d’emergenza ad Assisi. Ma non per la Corona Ferrea. Per il suo immenso valore spirituale, per lei si stabilisce un posto blindato alla Cassa di Risparmio Lombarda, "avendo l’accortezza di mantenere un trattamento speciale come reliquia cristiana".

La recrudescenza della guerra, nel 1943, spinge il cardinale Schuster a trasferire i beni in sua custodia ai Musei Vaticani. Il Vaticano, che conserva la propria extraterritorialità, si presenta come il luogo più sicuro, nonostante nel 1943 cinque ordigni cadano anche qui, sganciati da un misterioso bombardiere. Pio XII dà il via libera e oltre 700 casse fanno così il loro ingresso nei depositi dei Musei Vaticani, alcune opere vengono stipate addirittura nella sala della sezione egizia. Fra queste c’è anche la Corona Ferrea, che con ogni probabilità viene spostata a Roma – con numerose cautele – nei primi mesi del 1943. E lì resterà al sicuro fino al 1946. Si narra che a riportarla in Duomo, in un’anonima valigia per non dare nell’occhio, sia un sacerdote inviato in treno da Monza.