Appalti anticancro “addomesticati”. C’è il rischio del colpo di spugna

Processo al Tribunale di Monza per associazione a delinquere e turbativa d'asta su appalti per 27 milioni di euro. 8 mesi di tempo per evitare la prescrizione. Imputati 26 persone a vario titolo. Parti civili: Elekta, Istituto nazionale dei tumori, Policlinico San Matteo, Azienda sanitaria di Lecce, Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni.

Appalti anticancro “addomesticati”. C’è il rischio del colpo di spugna

Appalti anticancro “addomesticati”. C’è il rischio del colpo di spugna

Associazione a delinquere e turbativa d’asta per aggiudicarsi appalti per 27 milioni di euro sulla fornitura di macchinari per la cura del cancro: resta in piedi soltanto, almeno ancora per i prossimi 8 mesi, l’accusa per i presunti promotori, mentre tutto il resto è già spazzato via dalla prescrizione. A meno che qualcuno degli imputati non rinunci al colpo di spugna giudiziario perché convinto di ottenere una sentenza di assoluzione. Colpo di grazia al processo al Tribunale di Monza che vede 26 imputati a vario titolo per un’inchiesta della guardia di finanza che nel 2015 aveva portato a 4 arresti e che da Milano era tornata per il giudizio a Monza per competenza perché tutto è partito, suo malgrado, dalla “Elekta spa”, multinazionale svedese con sede operativa ad Agrate Brianza. Al processo, giunto appena all’audizione dei consulenti tecnici della difesa, sono parti civili, oltre a Elekta, Istituto nazionale dei tumori di Milano, Policlinico San Matteo di Pavia, Azienda sanitaria di Lecce, Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni e altre ancora. A fare partire l’inchiesta una mail che parlava di accordi con i manager della Elekta per una gara d’appalto da 2 milioni di euro dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano per un acceleratore lineare per radioterapia, trovata da uno dei responsabili della gara, che aveva presentato una denuncia. Secondo l’accusa, l’azienda era in grado di presentare offerte "perfette" circa i requisiti tecnici richiesti per le forniture degli apparecchi medici quindi, anche se non erano le più vantaggiose economicamente, riuscivano a sbaragliare la concorrenza. Nessuna prova di tangenti, bensì un sistema di "ricompense" sotto forma di borse di studio finanziate da Elekta ed erogate dagli istituti e dagli ospedali e inviti a partecipare a convegni.

Un sistema per fare leva anche sugli appaltanti, disposti a mostrare le offerte presentate dai concorrenti. "Ci occupavamo di macchinari da cui dipende il trattamento di pazienti oncologici e il loro funzionamento e la loro manutenzione non sono come quelle di un televisore - sostengono gli accusati - Elekta era nota per la sua assistenza capillare al cliente e le strutture sanitarie interessate erano quasi in tutta Italia. In alcune strutture si trattava di reparti del tutto nuovi e quindi era necessario accompagnarli nell’utilizzo di questi macchinari".

S.T.