Monza - «Camminate insieme alla vostra comunità, parlate con parole buone e giuste che diventano dialogo per contrastare la seduzione della volgarità e della violenza, alimentate la speranza. E consolidate gli itinerari della fiducia, perché protegge e fa resistere verso il futuro che è una promessa e una responsabilità".
Monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, si rivolge ai sindaci della Brianza confessando di non avere "ricette da proporre o una parola assoluta", ma vuole suggerire delle "ipotesi di lavoro, delle terapie" per aiutarli ad ascoltare i bisogni dei cittadini, soprattutto quelli che vivono più nell’ombra, perché "molte delle risposte sono lì". Per coltivare "la sapienza, la concretezza e il senso di responsabilità che già mettete nel vostro impegno". A lui i sindaci portavoce di ognuno dei sette decanati della provincia hanno chiesto un consiglio per gestire "quel senso di inadeguatezza che a volte sentiamo nell’affrontare i bisogni delle persone".
Soprattutto oggi, dopo aver "fatto i conti con la solitudine della pandemia" e ora "con l’impegno di sostenere la rete di solidarietà per aiutare chi scappa dall’orrore della guerra in Ucraina". Consapevoli della necessità di "riscrivere il modo di fare politica, per rifondare l’alleanza con i cittadini", il monito di Luca Santambrogio, presidente della Provincia. E non a caso l’incontro con l’arcivescovo di Milano è stato celebrato nella sede della Provincia, la "casa dei Comuni".
Con tutti i sindaci che, per usare le parole di monsignor Delpini, sono "artigiani del bene comune". Immagine familiare nella Brianza del fare, dove "le città sono botteghe dove si produce il bene comune". Ma al di là della gentilezza, "virtù e stile che assicura e rassicura", spesso ci si ritrova a "governare ordinarie emergenze, a cominciare da quella educativa". E allora, per sfuggire alla "catastrofe educativa", è importante "curare non con la spinta, ma con l’attrattiva – le parole dell’arcivescovo –. Al giorno d’oggi i giovani rispondono sempre al ‘devi’, hanno una forza che li spinge in avanti, ma che non è una cura bensì un elemento della fatica. Per questo si sentono sovrastati. Invece dovrebbero avere una meta che li attira, noi adulti dobbiamo insistere sulle motivazioni e non sulle condizioni. Il segreto per risolvere l’emergenza educativa – l’invito di monsignor Delpini – è promettere ai nostri ragazzi una vocazione. Dandogli una buona ragione per diventare adulti, per farsi una cultura, andare a scuola, al lavoro e impegnarsi per il bene della comunità".