
Gabriele Cirilli
Monza, 26 aprile 2016 - E' un attore. È un comico. È un artista che – come direbbe lui - «si è fatto un mazzo così per arrivare sin qui... senza però avere alcuna certezza su cosa mi riservi il futuro».
Allegro, carico di sferzante ironia, la battuta sempre pronta anche quando ti dice qualcosa di triste, Gabriele Cirilli è una persona che ha faticato e sofferto, eppure si porta con leggerezza sulle spalle tutto il carico di una vita tutt’altro
che scontata.
Partiamo dall’inizio?
"Sono nato il 16/6/67 a Sulmona, in Abruzzo, cittadina di provincia che diede i Natali al grande poeta latino Publio Ovidio Nasone".
E che ci fa in Brianza?
"Mi ci sono trasferito ormai quindici anni fa... avevo scelto di venire al Nord per inseguire il cabaret e mi sono innamorato di Monza: fino a qualche anno fa ho vissuto in via Lecco prima di trasferirmi
di recente a Vedano al Lambro".
A Monza ha avuto anche suo figlio Mattia...
"In realtà ce l’ho portato a pochi mesi di vita, come gli dico sempre è un figlio del Nord e... di Zelig, quando ho capito che potevo farcela. Oggi ha 15 anni e frequenta il liceo scientifico: da grande vuol fare il ricercatore".
Cosa l’aveva attirata a Monza?
"È una città di provincia, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta, un po’ come la mia Sulmona: c’è una dimensione più umana, la possibilità di conoscersi, lo struscio in centro e un Parco che è strepitoso".
E la sua famiglia di origine?
"Mia madre, che oggi ha 82 anni, è emiliana: è sempre stata una donna esplosiva, credo di aver preso da lei il mio lato... comico".
E papà?
"Lui era più serio, marmista, e ho due fratelli (io sono quello di mezzo), uno avvocato e l’altro agente di Polizia penitenziaria".
Lei ha fatto l’attore.
"Dopo il liceo classico mi sono iscritto all’università, “Lettere con indirizzo spettacolo”, ma ho mollato subito... non appena sono entrato alla scuola di Gigi Proietti (il Laboratorio di Esercitazioni Sceniche, ndr) a Roma".
La svolta della sua vita.
"Alle volte penso che fosse destino. Ero stato bocciato al terzo anno di liceo perché era un casinista, un rivoluzionario dal cuore buono e me la fecero pagare... Però questo mi consentì di arrivare all’università proprio nell’anno
in cui si aprivano i provini per la scuola di Proietti: altrimenti, la mia vita forse avrebbe preso tutt’altra piega".
E andò bene.
"Ero andato ad accompagnare un’amica e feci il provino anch’io... e Proietti impazzì per me".
Com’è la vita dell’attore?
"Durissima. Ho studiato e so fare di tutto, dal drammatico al comico. Ma di soldi se ne facevano pochi, la mia prima macchina fu una Fiat Punto pagata a rate: e se per anni riuscimmo a campare, a Roma dove ci eravamo trasferiti,
fu grazie allo stipendio di mia moglie, che faceva la farmacista e con cui sto assieme da 32 anni...".
Eppure in scena sapeva fare di tutto.
"Dagli sceneggiati con Sandro Bolchi ai film con Sordi e Manfredi,al teatro con pezzi classici come l’Alcesti di Euripide...".
Poi di nuovo svoltò.
"(ride) Io sto troppo avanti, è il mio pregio ma anche il mio difetto... capii che il cabaret era solo milanese e venni a Milano a fare il provino per Zelig".
E sfondò... col personaggio della borgatara Kruska e il tormentone “Chi è Tatiana?”
"E non la rinnego. È uno spaccato di vita di borgata di quando ero a Roma: quando me la sfangavo con i miei pezzi comici, c’erano attori che mi attaccavano, mi dicevano “ma come ti permetti di fare il coatto, tu che non sei neppure
romano?”. E io, per reazione, invece del coatto, mi inventai... una coatta! Un esempio di donna un po’ al maschile che impara a difendersi nelle realtà più dure. E dunque, perché vergognarmi? Sono Tatiana anch’io, perché no? Ma sono anche San Francesco o Claudio Villa come nelle fiction (Chiara e Francesco e La grande storia di Domenico Modugno) che ho fatto in Tv. L’idea di Kruska mi era venuta lavorando con mia moglie...".
Sua moglie, Maria De Luca.
"Anche se c’è una squadra ampia a scrivere i testi dei miei spettacoli, mia moglie è fondamentale: mi ha visto nascere e crescere: siamo follia pura spartita in parti eguali... ma in fondo, solo chi è folle può cambiare il mondo!".
Torniamo ai momenti duri, mi parli di suo padre...
"Mio padre voleva fare altro nella vita, era un bravissimo calciatore, la Roma lo voleva, ma ha dovuto seguire la tradizione dell’azienda di marmi di famiglia".
A un certo punto però la sua ditta fallì. E suo padre si ammalò e morì.
"E noi rilevammo i debiti, su cattivo consiglio di un commercialista... ci ritrovamo sommersi".
E?
"È stata tosta, perdemmo la casa ma me la sono ripresa anni dopo all’asta. E la macchina me la regalarono i genitori di Flavio Insinna (noto attore e presentatore, ndr), mio amico fraterno che avevo conosciuto alla scuola di Proietti...".
E Cirilli non dimentica.
"Devo ringraziare molte persone e non è un problema... Essere grati ti non costa niente: e invece troppa gente non se lo ricorda".
Davvero?
"Nella mia vita ho fatto del bene a tantissime persone, le ho aiutate a lavorare, pensi che la cantante Noemi a inizio carriera dormiva a Monza nel mio studio... ma pochi lo ricordano. Io invece ricordo con riconoscenza tutti quelli che
mi hanno aiutato, e li ringrazio, dal mio maestro Proietti all’ultimo che mi mise a disposizione un localaccio da 200mila lire a sera per fare uno spettacolo quando quei soldi mi servivano davvero per vivere".
Forse chi ha vissuto momenti di difficoltà non lo vuole ricordare solo per… imbarazzo.
"Macché (ride amaro), è stronzaggine".
Il comico deve avere un fondo di tristezza?
"È solo un luogo comune, la comicità è una facciata che io ho, ma molti non vogliono riconoscere di avere: (sorride) ricordo il primo bacio con mia moglie... si mise a ridere perché avevo un volto troppo buffo!".
Mondo dello spettacolo cattivo: un luogo comune anche questo?
"Per niente. In troppi gioiscono degli insuccessi altrui piuttosto che dei propri successi".
Lei non scorda da dove è partito.
"No, anche se adesso le cose sembrano andarmi bene... Continuo ad avere una macchina normalissima come un’Audi station wagon presa in leasing e vivo in una casa che non ho ancora finito di pagare. E sulla mia auto familiare ci vivo con i miei bagagli visto che quando sono in tournée in giro per l’Italia ci vado... in macchina: ho paura dell’aereo!".
È facile far ridere?
"(ride) Minchia, per niente! Non si impara e non si insegna, ce l’hai nel sangue o no, al massimo puoi affinare la tecnica. Non basta saper raccontare una barzelletta fra amici, quando devi far ridere per lavoro è molto più difficile".
Come si fa allora a far ridere?
"È una questione tecnica e caratteriale, devi saper toccare le emozioni delle persone, ma è un mistero anche per gli esperti cosa faccia scattare davvero la risata... e il bello è proprio questo!".
Cosa fa paura a Gabriele Cirilli?
"Il domani... perché oggi sto bene, ma fra due mesi non lo so: è un attimo salire, ma anche scendere".
Ha fatto tanti generi: cinema, teatro, cabaret, fiction, doppiaggio, conduzione (sta affrontando Eccezionale Veramente, un talent per comici su La7). Persino le imitazioni con Tale e Quale Show.
"Ma quelle non sono vere imitazioni! Solo, la mia faccia è facile da truccare e io sono bravo a caratterizzare i personaggi in cui mi cimento, la mia imitazione dei Kiss è addirittura finita sul loro sito ufficiale!".
Il suo mondo preferito?
"Il teatro, perché è la cosa più vera, quella che non mente mai".
La felicità per l’attore Gabriele Cirilli?:
"Andare a dormire e sapere di aver fatto bene il tuo lavoro a prescindere dallo share. Devi essere tranquillo con te stesso, perché se non dormi... non va bene".