Desio (Monza), 10 agosto 2018 - Un veicolo su dodici, potenzialmente, una “bomba stradale”. Che potrebbe creare danni. Anche gravi, gravissimi, devastanti. Come successo, purtroppo, a Bologna, lunedì 6 agosto. Forse, a causa di una distrazione. Forse, a causa dello smartphone. Saranno le indagini a fare luce.
Di certo, tutti i dati nazionali confermano che la maggiore fonte di distrazione per gli automobilisti è – di gran lunga – quel “maledetto” telefonino. Ma lo choc della tragedia in autostrada ha fatto cambiare idea, e abitudini, a chi si mette al volante? Decidiamo di dare una occhiata. E ci piazziamo a bordo strada, a Desio. Occhi aperti, taccuino e matita in mano. Scegliamo due momenti diversi, uno mercoledì dalle 18.30 alle 19, l’altro giovedì mattina, dalle 9 alle 9.30. Battiamo due arterie molto importanti della rete locale: via Milano, che taglia in due Desio unendo Nova Milanese a Seregno, e via Mazzini, davanti all’ospedale.
Prepariamo una sorta di scheda, per registrare al meglio i passaggi: quante auto transitano, se alla guida c’è un uomo o una donna, se viene usato o meno il telefonino dal conducente e, nel caso, se per telefonare o per altri tipi di utilizzi vari, dal controllo dei messaggi alla verifica del navigatore o addirittura a una sbirciata ai propri social network. È piena estate, tanti sono in vacanza, chi è ancora qui dovrebbe essere teoricamente più rilassato, meno incasinato tra chiamate di lavoro e impegni vari. Dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, non avere troppi grilli per la testa. Quindi, sempre sulla carta, dovrebbe potrersi concentrare solo sulla strada: come da slogan autostradale, “quando guidi, guida e basta“. E invece... Le macchine scorrono una dopo l’altra. Con cadenza più o meno puntuale, una ogni dieci o una ogni venti, ha al volante qualcuno che non rispetta le regole. E rischia seriamente di potersi trasformare in un potenziale killer. Perchè basta una frazione di secondo di errore, di leggerezza, di distrazione, causata da una fonte esterna, per fare un frontale, per investire una persona. Per causare una tragedia. Per un semplice sms o per la chiamata all’amico del cuore. Tutto sempre e comunque rimandabile.
Lo screening prosegue spedito, senza intoppi. E allora ecco il primo uomo alla guida, che invia un messaggio. Poi la donna, impegnata nell’identica attività. Subito un altro uomo, che invece è impegnato in una telefonata. Uno dopo l’altro, come se niente fosse. Come se non ci fosse il codice della strada. Come se non avessero mai sentito di quanti pericoli si nascondono dietro quelle abitudini. Poi, ecco quello che telefona e ha il gomito fuori dal finestrino, in pieno relax. La donna che riesce a telefonare e, insieme, fumare una sigaretta. A un certo punto, lungo via Milano, transita un’ambulanza, probabilmente diretta verso l’ospedale. Ha le sirene spente, non è in emergenza. Ma ciò non autorizza certo il conducente a guidare, maneggiando il cellulare. Tra uomini e donne non si notano grandi differenze. Uguale naturalezza, tra chi decide di sgarrare. Lungo via Mazzini, un furgone esce dal vialetto del pronto soccorso e il conducente è al telefono.
Dopo un’ora di monitoraggio, si tirano le somme. Che fanno paura. Su 287 conducenti scrutati, 23 erano alle prese con lo smartphone, con vari utilizzi, tutti irregolari. Ben 15 uomini, su 175, e 8 donne, su 112. Una media di circa 1 a 11, per i maschi, e 1 a 14 per le femmine. Una possibile mina vagante, sulle strade, ogni tre minuti. Tante, troppe.