STEFANIA TOTARO
Cronaca

Auto di lusso vendute per finta. Dodici arresti, un giro da 8 milioni

La Finanza ha bussato a sei autosaloni attivi fra la Brianza e la Bergamasca nei guai per truffa e autoriciclaggio. Le vetture, acquisite con finanziamento da prestanome che non pagavano, tornavano subito sul mercato.

I finanzieri hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare di cui 6 in carcere altrettante agli arresti domiciliari e 2 all’obbligo di firma su mandato della gip Angela Colella

I finanzieri hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare di cui 6 in carcere altrettante agli arresti domiciliari e 2 all’obbligo di firma su mandato della gip Angela Colella

Tra le auto, più di un centinaio, comprate in tutta Italia con finanziamenti o contratti di leasing di cui poi non pagavano le rate, non c’erano solo vetture da 30mila euro ma anche una Lamborghini Ursus arancione da 350mila euro. Una presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’autoriciclaggio che ieri ha portato i militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Monza e Brianza ad eseguire 14 ordinanze di custodia cautelare, 6 in carcere, altrettante agli arresti domiciliari e 2 all’obbligo di firma, firmata dalla gip del Tribunale di Monza Angela Colella. Tra quelli finiti in manette in Brianza ci sono padre e figlio, Pietro e Yuri Mottadelli, 54 e 32 anni, quest’ultimo titolare di una concessionaria di auto a Bellusco e il primo con vecchi precedenti penali in materia di veicoli e altri commercianti del settore del Vimercatese, nonché Antony Simon Uier, 34 anni, di Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo. Sono ritenuti dagli inquirenti gli ideatori della mega truffa alle finanziarie, per un importo che supera gli 8 milioni di euro, che ieri i finanzieri, con l’ausilio di unità cinofile “cash dog“, hanno provveduto a sottoporre a sequestro preventivo. Tra le parti offese la finanziaria della Hyundai, che ha presentato denuncia dopo essersi resa conto che troppi finanziamenti non venivano onorati, ma anche quella di un grosso gruppo bancario italiano. Le indagini dei finanzieri al comando del tenente colonnello Antonio Dima, comandante del Gruppo di Monza e coordinate dal pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo, hanno consentito di capire che la banda si avvaleva di soggetti di etnia sinti, reclutati dagli indagati finiti agli arresti domiciliari, come prestanome a cui intestare un contratto di finanziamento dopo avergli fatto ottenere una falsa documentazione sui redditi ed aprire un regolare conto corrente su cui fare addebitare le rate poi non pagate. In realtà si trattava di nullatenenti che poi non pagavano i debiti contratti con le finanziarie. Ma le auto venivano nel frattempo ritirate (grazie anche alla complicità di due trasportatori per cui la giudice ha disposto ora la misura cautelare dell’obbligo di firma) e cedute dai fittizi intestatari agli autosaloni amministrati dai capi dell’associazione, i quali provvedevano, infine, a rivendere le autovetture a prezzi sensibilmente più bassi rispetto a quelli di mercato a clienti che, nella maggioranza dei casi, sono risultati del tutto ignari della presunta truffa. L’inchiesta vede complessivamente 150 indagati e 138 capi di imputazione stilati nelle oltre 700 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata da Angela Colella, che già oggi potrebbe iniziare con gli interrogatori di garanzia degli indagati finiti in carcere.

La presunta truffa non si limitava al semplice acquisto di auto nelle concessionarie in varie parti d’Italia (e in piccole località e realtà di vendita sparse sul territorio nazionale per non destare il sospetto sull’esistenza di un disegno criminale sovrastante), ma riguarderebbe anche l’importazione di veicoli dalla Repubblica di San Marino e da Paesi dell’Unione Europea, sempre attraverso finanziamenti e contratti di leasing destinati a finire in una bolla di sapone e persino vetture acquistate dando un acconto per poi sparire, chiedere un finanziamento per l’acquisto intascandosi le somme per poi arrivare pure a rivendere l’auto a terzi. Oltre ai 14 sottoposti a misura cautelare accusati di associazione a delinquere, tre società sono indagate di autoriciclaggio dei proventi della truffa che venivano reinvestiti nel circolo vizioso dell’acquisto di altre auto.