STEFANIA TOTARO
Cronaca

L’autosalone fantasma di Varedo, 60 clienti indebitati e senza auto: “Ma quale truffa? Le macchine venivano consegnate”

Giuseppe Antonini si difende dall’accusa di associazione a delinquere: “Siamo innocenti, abbiamo avuto problemi solo per la crisi del mercato”. I due fratelli condannati al pagamento di oltre 700mila euro

Il pm Vincenzo Fiorillo; i clienti beffati

Il pm Vincenzo Fiorillo; i clienti beffati

Varedo –  “Nessun raggiro, le auto venivano effettivamente consegnate e pagato il rimborso ai clienti, tra il 2016 e il 2018 almeno 50-60 vetture al mese. I soldi li abbiamo usati per pagare i debiti precedenti ed evitare il fallimento, non su iniziativa nostra, ma di uno studio legale di Milano a cui abbiamo profumatamente pagato le parcelle”. Respinge le accuse di associazione a delinquere e truffa Giuseppe Antonini, con il fratello Mauro eredi dello storico omonimo autosalone di Varedo finiti nel mirino delle Fiamme gialle e della Procura di Monza.

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I due fratelli, ritenuti amministratori di fatto e ideatori del raggiro, sono stati già condannati dal Tribunale di Monza nel processo con il rito abbreviato, ma non per associazione a delinquere, a 3 anni, 5 mesi e 20 giorni (in continuazione e in aggiunta alla precedente condanna di 3 anni per bancarotta fraudolenta) e al risarcimento dei danni per complessivi oltre 700mila euro a una sessantina di clienti. A 3 anni e 10 giorni è stato condannato l’amministratore di diritto Giancarlo Capoccia, assolto però dal concorso in bancarotta fraudolenta e infine a 1 anno e 10 mesi con la pena sospesa la moglie di uno degli Antonini accusata di riciclaggio di denaro proveniente dall’attività, a cui sono stati confiscati 50mila euro.

Ora al dibattimento davanti al collegio di giudici monzesi per associazione a delinquere e truffa restano altri 5 imputati tra presunti venditori, tra cui anche un figlio di Giuseppe Antonini, che ieri è stato convocato a testimoniare al processo a favore della difesa, che punta a smontare il castello accusatorio secondo cui diversi clienti, che per comprare l’auto avevano aderito a un finanziamento che prevedeva un ritorno percentuale se facevano applicare un adesivo pubblicitario sulle portiere della vettura, si sono ritrovati a pagare le rate complete del prestito senza avere quanto acquistato. Mentre alcuni di quelli che invece avevano pagato l’auto senza finanziamento si sono ritrovati con la vettura ferma in garage perché non avevano potuto fare il trapasso di proprietà.

“L’attività è andata benissimo fino alla fine del 2018, poi abbiamo iniziato ad avere difficoltà dovute alla crisi del mercato delle auto - ha spiegato Giuseppe Antonini - Solo da quel periodo alcuni clienti hanno iniziato a lamentarsi. I venditori lavoravano a partita Iva, ma avevano già terminato la collaborazione perché non venivano pagati. Mio figlio non lavorava per noi, andava all’università e nel tempo libero veniva a dare una mano, ma senza un ruolo o una mansione. Aiutava anche l’altro mio figlio, che spostava le auto in officina”.

La società “World car srl” nata dalle ceneri della società storica degli Antonini, è stata dichiarata fallita nel 2017 con un passivo di oltre 4 milioni di euro. Secondo l’accusa i dipendenti risultavano lavorare ancora per la World car, che di fatto era però stata ceduta con contratto di affitto a un’altra società e circa 150 contratti di vendita di auto usate erano passati con copia e incolla da una società all’altra per cercare invano di sostenere il concordato preventivo in Tribunale. L’attività aveva iniziato a soffrire una situazione di difficoltà 6 anni prima per un accordo di ristrutturazione naufragato, sostiene la difesa, che punta all’assoluzione dei venditori. Si torna in aula a ottobre.