Monza - «Certo che lo conoscevo, nel quartiere ci conosciamo tutti, ma non esiste che io abbia voluto la sua morte e tantomeno che abbia incaricato due minorenni di ucciderlo promettendo loro del denaro". Giovanni Gambino, 43enne del quartiere San Rocco, è stato arrestato perché ritenuto il mandante dell’omicidio di Christian Francesco Sebastiano, il pusher di 42 anni suo vicino di casa e amico assassinato il 30 novembre di fronte alla sua abitazione nelle case popolari di via Fiume con oltre 30 coltellate da un 14enne e un 15enne, che gli hanno rapinato una dose di cocaina.
Ma il presunto mandante nega decisamente la pesante accusa. E ha intenzione di difendersi lunedì quando verrà sottoposto all’interrogatorio di garanzia davanti alla gip monzese Cristina Di Censo, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere chiesta dalla pm Sara Mantovani per concorso in omicidio volontario e rapina aggravati. L’udienza si terrà con tutta probabilità con collegamento da remoto della giudice con il carcere, dove Gambino verrà raggiunto dall’avvocata Anna Zottoli, che già ieri mattina si è recata dal suo assistito in qualità di legale d’ufficio, ora trasformata in avvocata di fiducia.
"Ha offerto 1.000 euro a testa ai due minorenni per uccidere il vicino e amico spacciatore di droga", sostengono gli inquirenti che, a cinque mesi dagli arresti dei due minorenni individuati come baby killer, hanno dato una svolta ulteriore alle indagini. I carabinieri di Monza, che hanno indagato coordinati dalla pm Sara Mantovani, ritengono di avere acquisito elementi secondo cui Giovanni Gambino, che ha sulle spalle alcuni precedenti di polizia, è il "concorrente morale, mandante, agevolatore, istigatore e rafforzatore" del proposito omicida dei due ragazzini che, all’arresto, hanno invece sostenuto di essere stati spinti dall’odio verso il venditore di droga per averli introdotti al consumo di cocaina.
Un movente ritenuto dagli inquirenti poco convincente, che ha spinto i carabinieri a proseguire nelle indagini ascoltando numerose famiglie del quartiere dove vivevano vittima e baby killer. Ne è emerso il ruolo del presunto mandante, che avrebbe commissionato l’omicidio spinto da debiti di poche centinaia di euro e da motivi di rancore verso la vittima, maturati in un contesto di degrado per lo spaccio di stupefacenti.