STEFANIA TOTARO
STEFANIA TOTARO
Cronaca

Monza, giudizio immediato per la banda delle truffe nell'acquisto di auto

Lo ha chiesto la Procura di Monza. Vittime le finanziarie che non ricevevano il pagamento delle rate per le vetture poi invece rimesse sul mercato

Le indagini erano state condotte dalla Guardia di finanza

Le indagini erano state condotte dalla Guardia di finanza

Bellusco (Monza Brianza), 19 marzo 2025 - Subito a processo per la presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'autoriciclaggio di auto, più di un centinaio, comprate in tutta Italia con finanziamenti o contratti di leasing di cui poi non venivano pagate le rate e venivano rivendute a ignari clienti.

Lo ha chiesto la Procura di Monza, ma molti degli imputati sarebbero pronti ad uscire dalla scena giudiziaria con riti alternativi, chiedendo il processo abbreviato o di concordare il patteggiamento della pena con il pubblico ministero Salvatore Bellomo. Era lo scorso gennaio quando la Guardia di finanza del Comando provinciale di Monza e Brianza ha eseguito l'ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip del Tribunale di Monza Angela Colella nei confronti di 14 persone. Tra quelli che erano finiti in manette in Brianza padre e figlio, 54 e 32 anni, Pietro e Yuri Mottadelli, quest'ultimo titolare di una concessionaria di auto a Bellusco e il primo con vecchi precedenti penali in materia di veicoli e altri commercianti del settore del Vimercatese, Bartolomeo Arena, Raffaele Iantonio e Luigi Magno, nonché il 34enne Antony Simon Uier di Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo.

Sono ritenuti dagli inquirenti gli ideatori della mega truffa alle finanziarie, per un importo che supera l'importo gli 8 milioni di euro, che i finanzieri, con l’ausilio di unità cinofile “cash dog”, hanno provveduto a sottoporre a sequestro preventivo. Tra le parti offese la finanziaria della Hyundai, che ha presentato denuncia dopo essersi resa conto che troppi finanziamenti non venivano onorati, ma anche gruppi bancari italiani. Secondo l'accusa la banda si avvaleva di soggetti di etnia sinti reclutati come prestanome a cui intestare un contratto di finanziamento dopo avergli fatto ottenere una falsa documentazione sui redditi ed aprire un regolare conto corrente su cui fare addebitare le rate poi non pagate. In realtà si trattava di nullatenenti che poi non pagavano i debiti contratti con le finanziarie. Ma le auto venivano però nel frattempo ritirate e rimesse sul mercato.