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Stefano Anastasio
Besana Brianza (Monza e Brianza), 13 gennaio 2022 - La moglie, infermiera in una Rsa di Monticello Brianza, lo ha saputo soltanto alle 19.30, quando ha ricevuto la telefonata del datore di lavoro. Suo marito, Stefano Anastasio, 50 anni, casa e lavoro alla Sassella di Casatenovo, era morto quattro ore prima schiacciato dal piccolo escavatore che stava manovrando in un cantiere di Besana in Brianza. A Casatenovo, dove abitava, molti conoscevano la sua famiglia: un figlio grande che già lavorava, una più piccina in terza superiore, la moglie che faceva le punture a domicilio.
Il cugino, omonimo, racconta dalla provincia di Caserta, dove vivono anche un fratello e una sorella: "L’altro fratello Antonio, che sta al Nord, ci ha avvertiti, è venuto giù a prendere la loro mamma... Stefano era una persona eccezionale e sincera". Il mondo sindacale, uscito ieri con una nota congiunta degli edili (Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil), non si dà pace. In Brianza i morti sul lavoro sono stati tre nel giro di un mese: a Monza al cantiere dell’ospedale prima di Natale, l’altro giorno l’operaio di 63 anni ucciso da una benna in un cantiere della A52 sulla Rho-Monza; il giorno dopo, ieri, l’infortunio di Besana in Brianza. Giulio Fossati, segretario della Cgil Monza e Brianza, è un fiume in piena: " È chiaro che stiamo pagando anche il fatto che le attività ispettive sui cantieri si sono drasticamente ridotte con l’emergenza sanitaria. Le modalità con cui si muore sul lavoro purtroppo sono sempre le stesse e allora merita indagare". L’analisi è spietata: "Il mercato del lavoro presenta questi dati: 4 lavoratori su 5 vengono assunti con contratti precari. Il 52 per cento delle nuove assunzioni è con contratti a tempo determinato e il restante 30 per cento è composto da collaborazioni, contratti a chiamata e lavoro somministrato. Le durate contrattuali, rispetto al 2020, sono dimezzate. I contratti a tempo determinato hanno una durata media di sei mesi e i contratti somministrati hanno per la metà delle persone chiamate a ricoprirli (circa 7.500) una durata inferiore ai 10 giorni. Il lavoro precario è più insicuro, in quanto non permette la dovuta formazione e non consente una adeguata professionalizzazione. Pertanto, noi riteniamo che la formazione debba essere alla base dei controlli ispettivi di Ats e Ispettorato del lavoro". E qui si apre un’altra ferita: "Va sottolineato che l’Ispettorato del lavoro, che copre tre province, ha soltanto quattro ispettori che si occupano della sicurezza nei cantieri, e anche il personale ispettivo di Ats risulta ampiamente sottodimensionato rispetto esigenze".
Gli fa eco Gian Franco Cosmo, segretario generale della Fillea Cgil Brianza: "Non possiamo più andare avanti così, è ora di istituire il reato di omicidio sul lavoro", e spiega: "Ci sono molti imprenditori onesti, ma se non finiscono in galera i responsabili, in questo Paese non cambierà mai nulla". «A pochi giorni dal grave infortunio sul lavoro di Ornago (un operaio schiacciato da un bancale, salvo per miracolo, ndr ) - commenta Mirco Scaccabarozzi, segretario generale Cisl Monza Brianza Lecco -, ci troviamo di fronte a un nuovo incidente, questa volta ancora più grave perché mortale. Come sindacato non possiamo accettare che i lavoratori rischino la vita sul posto di lavoro. I nostri delegati e i nostri operatori lavorano quotidianamente nelle fabbriche, nei cantieri, negli uffici per far rispettare le misure di prevenzione e ci battiamo affinché ai lavoratori e alle lavoratrici sia garantita una formazione adeguata. La Cisl da sempre è impegnata a partire dalla contrattazione aziendale per dar vita protocolli che garantiscano la sicurezza dei lavoratori". "Da parte del sindacato - sottolinea Roberto Scotti, segretario generale Filca Cisl Monza Brianza Lecco - le proposte per rendere più sicuri i luoghi di lavoro non mancano di certo. Si dovrebbe, per esempio, investire maggiori risorse in sicurezza e adottare una specie di patenti a punti per le imprese, in maniera da penalizzare le aziende che non rispettano le norme. Ma questa, evidentemente, non è una priorità. Se lo fosse, si dovrebbe arrivare rapidamente a un patto sociale in questo senso. L’ideale sarebbe arrivare a un sistema che tenga insieme prevenzione, repressione e formazione". E insiste: "Se il Coronavirus è un’emergenza nazionale, lo deve diventare anche quella delle morti sul lavoro: serve però che ci si sieda tutti attorno a un tavolo". Non c’è volontà, però, secondo il sindacalista: "Interessa soltanto continuare a lavorare e produrre, la dignità umana non è mai al centro dell’attenzione del mondo produttivo. Le possibilità di fermare questa ecatombe ci sarebbero, possibile che non ci si riesca?". L’amarezza è parzialmente lenita soltanto da una vittoria: "All’ultimo dell’anno siamo riusciti, tutte le sigle sindacali, a ottenere un abbassamento di quattro anni dell’età pensionabile per i lavoratori edili. Con 32 anni di contributi invece di 36 e a 63 anni di età possiamo togliere le persone più anziane dai cantieri. Ma si potrebbe fare di più: il protocollo per l’Expo del 2015 funzionò, anche se ovviamente in quel caso c’erano puntati addosso gli occhi di tutti. Bisogna fare qualcosa anche per i cantieri più piccoli".
Parole durissime anche da parte di Paolo Capone, segretario generale UGL e Claudio Morgillo, segretario regionale UGL: "Occorre aprire un tavolo di confronto con il Governo per arginare il triste fenomeno dilagante delle cosiddette morti bianche. È necessario incrementare i controlli, favorire una maggiore cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro e garantire una formazione adeguata per i lavoratori, soprattutto laddove si svolgono mansioni più a rischio. L’UGL, con il tour “lavorare per vivere”, ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul grave fenomeno".