DARIO CRIPPA
Cronaca

Caso Bramini, la solidarietà di Salvini e Di Maio non ferma i sigilli/ VIDEO

Il curatore fallimentare ha detto no anche al corposo assegno di un imprenditore disposto ad aiutarlo

Sergio Bramini lascia la sua casa

Sergio Bramini lascia la sua casa

Monza, 18 maggio 2018 - "Non mi piego, mi devono spezzare". Sergio Bramini, la camicia sudata, la giacca sgualcita, esce dalla sua casa sulla sua Fiat 500 assieme alla moglie. La giornata più lunga, convulsa e dolorosa di tutta la sua vita, termina alle 18.20. Gli agenti in tenuta antisommossa lo guardano uscire, le altre trecento persone che si erano assiepate in tutto il giorno nel suo giardino e nella sua casa, sono già defluite, anche se qualcuno ancora resta per strada lungo la via Sant’Albino, chiusa al traffico per consentire le operazioni di sgombero e ostacolare il sit-in di protesta.

Tutto era cominciato al mattino, in attesa dell’annunciata visita di Matteo Salvini, il segretario della Lega Nord. Visita arrivata puntuale e condita da parole confortanti per Bramini: "Serve una legge Bramini che aiuti le tante persone come Sergio. Lo Stato non può continuare a non pagare i suoi debiti e al Governo metterò mano alle esecuzioni inmobiliari, alle aste che premiano spesso gli amici degli amici". Stessi concetti espressi già la sera prima da Luigi Di Maio, leader del Movimento 5 Stelle.

Poi è cominciata una febbrile trattativa. Da un lato Bramini e il suo avvocato, con la presenza di senatori e deputati venuti a dargli manforte, dall’altro gli avvocati della controparte, dalle banche al curatore fallimentare. Ed è stato proprio quest’ultimo che si è opposto a ogni accordo. Bramini lo ha annunciato sconsolato alle 15.14: "Non c’è soluzione. Le banche erano d’accordo, ma il curatore ha rifiutato l’assegno circolare che sarebbe servito a ripianare ogni debito e aveva staccato un imprenditore che preferisce restare anonimo". Quale imprenditore? Quale cifra? Si vocifera si tratti di Pierluigi Brivio, ex socio del gruppo dei centri commerciali Il Gigante, che si sarebbe avvicinato negli ultimi giorni a Bramini tirando fuori la bellezza di 480mila euro. "Non dirò il suo nome - precisa però Bramini - ma assicuro solo che la sua è stata una scelta dettata dal buon cuore".

Che ha dapprima rifiutato di uscire spontaneamente ma si è anzi legato con un lenzuolo assieme ad alcuni dei suoi sostenitori. Intanto le persone che avevano comunque superato i cordoni di sicurezza stesi per impedire il sit-in si sono accampate in casa Bramini, hanno fatto partire cori di protesta.  Bramini ha ceduto alla rabbia, ma comunque in maniera composta come è sempre stato nel suo stile: "Non mi suiciderò come centinaia di altri imprenditori nelle mie condizioni, non gli darò questa soddisfazione". Un malore è sembrato abbatterlo intorno alle 16.30, ma dopo l’intervento di un’ambulanza è tornato a sostenere le sue posizioni, mentre una ventina di politici e sostenitori si sedevano in circolo sul loggiato della sua abitazione (fra loro i senatori Gianluigi Paragone, Emanuele Pellegrini e Gianmarco Corbetta, e il deputato Massimiliano Capitanio). Intanto il deputato grillino Daniele Pesco entrava ancora in casa Bramini nonostante le forze di polizia schierate.

Alle 17 l’arrivo dei fabbri mandati a sigillare la villa è stato accolto da una nuova selva di fischi, mentre la polizia in tenuta antisommossa sorvegliava ogni movimento senza tuttavia intervenire. Fino a quando Bramini, alla fine, non ha accettato di uscire. "Se pensano però di farmi star zitto si sbagliano", ha promesso.