
I vigili del fuoco sono stati impegnati nello sgombero di Cascina Brina (Archivio)
Monza, 6 aprile 2025 – Una casa che non stava in piedi da un pezzo, lembi di cornicione e di intonaco che cascavano al piano di sotto o addirittura in strada. Un angolo nascosto di Monza, in via Sciesa, in cui viveva una cinquantina di persone. Cascina Brina, vecchia cascina lombarda nei meandri di Regina Pacis, da una settimana è stata sgomberata, quando l’ultimo amministratore ormai allarmato ha chiamato i pompieri.
E i vigili del fuoco, dopo una ricognizione, hanno decretato i problemi statici di un edificio da troppo tempo lasciato a se stesso con terra nei tombini e quindici centimetri di guano di piccione nelle grondaie. Insieme a un mucchio di altri problemi, come le ringhiere dei ballatoi percorsi ogni giorno dai bambini per giocare che non avevano probabilmente l’altezza minima stabilita dalla legge per evitare tragici incidenti. E quello che colpisce in questa vicenda è che per anni questa casa avesse avuto l’abitabilità (?!) e che molti dei suoi abitanti, parecchi stranieri, pagassero un regolare affitto o addirittura, come una famiglia di peruviani, avessero acceso un mutuo per un appartamento che ora non c’è più. Famiglie che ora sono costrette a dormire in macchina dopo aver speso tutti i risparmi nell’illusione di coronare i propri sogni.
La macchina dei soccorsi, i servizi sociali, la Croce Rossa, i pasti cucinati dagli Alpini, la protezione civile hanno funzionato in modo encomiabile. Monza ha mostrato il suo volto migliore nell’assistere questa povera gente. Ma non basta.
L’amministratore ha aperto una raccolta fondi su una piattaforma di crowdfunding per trovare gli almeno 300mila euro necessari a fare i lavori. Ma la domanda che aleggia è un’altra: chi dovrebbe davvero pagare per una situazione che solo per miracolo non si è trasformata in tragedia? Come è stato possibile che nessuno si rendesse conto che in quella casa c’era qualcosa che non andava?