"I venditori non potevano non sapere dei raggiri perché i clienti arrivavano anche nell’autosalone a lamentarsi per le vetture non consegnate". Con questa motivazione il pm Vincenzo Fiorillo ha chiesto pene fino a 19 mesi di reclusione per 4 degli ultimi 5 imputati a vario titolo di truffa nel processo al Tribunale di Monza per l’inchiesta sulla concessionaria Antonini di Varedo che ha visto al centro i fratelli Mauro e Giuseppe. I due, ritenuti amministratori di fatto e ideatori del raggiro, sono stati già condannati nel processo con il rito abbreviato, ma non per associazione a delinquere, a 3 anni, 5 mesi e 20 giorni (in continuazione e in aggiunta alla precedente condanna di 3 anni per bancarotta fraudolenta) e al risarcimento dei danni per oltre 700mila euro ad una sessantina di clienti. A 3 anni e 10 giorni è stato condannato l’amministratore di diritto Giancarlo Capoccia, assolto però dal concorso in bancarotta fraudolenta. Ora al dibattimento ci sono i presunti venditori, tra cui anche un figlio di Giuseppe Antonini, Davide, per cui è stata chiesta l’assoluzione, così come per tutti gli imputati per l’ipotesi di associazione a delinquere.
Secondo l’accusa l’autosalone vendeva auto con un rimborso se veniva applicato un adesivo pubblicitario sulle portiere, ma alcuni acquirenti che avevano aderito ad un finanziamento si sono ritrovati a pagare le rate complete del prestito senza avere acquistato. Mentre altri si sono ritrovati con la vettura ferma in garage perché non avevano potuto fare il trapasso. "Si trattava di una rinomata azienda da 40 anni nel settore che ha poi avuto delle difficoltà, non ha fatto raggiri – sostiene la difesa degli imputati – I venditori facevano solo i contratti, che erano regolari". Si attende ora la sentenza dei giudici. S.T.