ALESSANDRO CRISAFULLI
Cronaca

“Non archiviate il caso Farfalle”, Anna Basta dice no all’opposizione: “Io contro la scelta della Procura”

L’ex atleta all’attacco della storica direttrice tecnica Emanuela Maccarani e della sua assistente Olga Tishina. “Come si può giustificare un abuso dietro “l’eccessivo affetto“?”. Ora deciderà il gip di Monza

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La storica direttrice tecnica Emanuela Maccarani durante un allenamento aperto al pubblico

Desio (Monza e Brianza) – Non c’è ancora la parola fine alla lunga, delicata, vicenda delle Farfalle della Ritmica e dei metodi di allenamento all’interno dell’Accademia di Desio. Una delle principali accusatrici della storica direttrice tecnica Emanuela Maccarani e della sua assistente Olga Tishina, attraverso il suo legale, ha deciso di opporsi alla richiesta di archiviazione arrivata lo scorso agosto da parte della Procura di Monza.

Si tratta di Anna Basta, ex Farfalla bolognese di 23 anni, che è stata tra le prime a scoperchiare il pentolone. Per i pm che avevano chiesto l’archiviazione mancava “la ragionevole previsione di condanna per maltrattamenti” e “la possibilità di descrivere l’abitualità delle condotte vessatorie per ciascuna delle ginnaste destinatarie dei comportamenti descritti”.

La giovane atleta, che aveva denunciato i presunti abusi con la collega Nina Corradini, ha espresso da tempo, sul suo profilo instagram, la volontà di non lasciare nulla di intentato: “Durante questi mesi si è sperato di ottenere una giustizia che si potesse chiamare tale… La mia perplessità è: come si può giustificare un abuso dietro “l’eccessivo affetto“? È come se in un rapporto violento di coppia si potesse ancora giustificare il partner aggressivo per l’eccessivo amore”. Quindi, la promessa: “Continuerò ad essere presente ed a espormi per dare speranza a tutti quei ragazzi e ragazze che coltivano dei sogni”.

Una promessa messa nero su bianco con la richiesta dei suoi legali di riaprire la vicenda. Le pm Cinzia Citterio e Manuela Massenz parlavano di “una sorta di lotteria che, a seconda degli umori (o meglio, dei malumori) dell’allenatrice, finisce con l’infliggere alle giovani atlete sofferenze psicologiche che ne determinano il destino sportivo in termini di maggiore o minore capacità di sopportazione, come in una sorta di rituale (o prova di resistenza) dal quale alcune ne escono apparentemente rafforzate e vincenti, altre decidono di non proseguire nell’agonismo e portano con sé la colpa e la frustrazione per il fallimento”.

Parole dure: “Insulti, pesature reiterate, espressioni offensive riferite alle caratteristiche fisiche, umiliazioni e interventi diretti sul cibo durante la consumazione dei pasti”. Però, siccome le atlete hanno reagito in maniere diverse, e gli eventuali problemi psicologici non possono essere attribuiti solo a modi e toni della Maccarani, secondo le pm, non ci sono le premesse per una sua condanna. “Rimango basita dal contenuto della richiesta di archiviazione dove i pubblici ministeri – aveva replicato l’avvocata Danila Di Domenico – non avendo trovato alcuna rilevanza penale nei comportamenti della mia assistita, hanno pensato a dare lezioni di vita ad una allenatrice che di ragazze ne ha allenate centinaia. Ragazze che che dicono ben altro rispetto a quanto riferito dalle accusatrici”. Ora la decisione spetta al gip del tribunale di Monza.