
Anna Maria Moneta Caglio
lCaponago (Monza e Brianza), 26 febbraio 2016 - Marianna Augusta Moneta Caglio Monneret de Villard è morta. Il Cigno Nero se ne è andato la mattina del 13 febbraio scorso, anche se la figlia ha tenuto nascosta la notizia sino a ieri. E c’era da attenderselo, prima che torme di giornalisti si presentassero alle porte dell’antico maniero di famiglia, ormai cadente e inaccessibile, dove il Cigno Nero - come era stata cristallizzata alle cronache per tutta una vita sin dallo scandalo del caso Wilma Montesi negli anni Cinquanta - si era rifugiata da tempo e da cui non metteva fuori più piede da almeno tre anni.
Noi la sentivamo spesso al telefono, unici ormai che stavano ad ascoltare quella voce anziana e forbita, con la erre arrotata un po’ per natura e un po’ per vezzo, fino allo scorso 25 luglio, quando aveva compiuto 86 anni. Per una vita era andata avanti a ripetere la sua verità. Ci aveva provato anche in Tribunale, presentando un ricorso (per 46 milioni di euro!) ritenuto inammissibile contro una sentenza che all’epoca aveva scagionato i presunti assassini della povera Wilma Montesi, ragazza finita in un giro più grande di lei e ritrovata morta su una spiaggia a Torvajanica, Roma. Ma soprattutto, quello che Marianna dal collo da Cigno non aveva mai accettato, era che il Tribunale avesse condannato solo lei, e per diffamazione, perché aveva osato raccontare quello che le aveva detto l’allora fidanzato, il marchese Ugo Montagna. Festini (forse a luci rosse, forse conditi da alcol e droghe) che organizzava per i giovani della Roma bene nella tenuta di Capocotta. Festini a cui partecipava anche il figlio dell’allora ministro democristiano Attilio Piccioni e a cui forse aveva preso parte Wilma Montesi prima di sentirsi male e venire abbandonata sulla spiaggia, destinata a morire per quella che i medici definirono “morte lenta” dopo un pediluvio.
La signora Moneta Caglio, avvocato e studiosa di storia medievale, non sopportava che fosse infangata la memoria della sua storica famiglia, discendente dei padroni della Zecca dello Stato e di personaggi come il Nobel per la Pace Ernesto Teodoro Moneta. Discendente addirittura - o almeno lei ne era convinta - dalla romana Dea Moneta.
La figlia Alessandra Ricci, avvocato penalista, che viveva con la madre ormai impossibilitata a muoversi dopo due ictus, problemi cardiaci e un principio di morbo di Alzheimer, ricorda: "Mia madre è morta in un quarto d’ora. Le ho parlato alla mattina, le ho dato il latte e poi l’ho lasciata nella sua camera con il cane, che guaiva e ringhiava un po’. Quando sono tornata a vedere dopo le 10.30, era morta. E ho avvertito il medico di guardia, visto che di sabato il medico di famiglia non c’era".
E anche lì, a confermare una vita consacrata suo malgrado al mistero, c’è un piccolo giallo: "Il medico di guardia non ha voluto firmare per riconoscere la morte naturale e sono dovuti uscire il medico legale e i carabinieri, che invece non hanno avuto dubbi: mia madre è morta di vecchiaia. L’ho fatta cremare e ora siamo in attesa di sapere dove portare la sua urna cineraria: voleva essere seppellita al Monumentale di Milano accanto alla nonna o al padre". Cosa si porta dietro? "Mia madre mi ha insegnato tutto e ad andare sempre e comunque avanti a testa alta. Senza lasciarsi abbattere da niente e da nessuno".