"C’è chi non manda i figli in gita per non smarrire il passaporto. Anche per noi mogli è difficile"

Tahany Shahin, vicepresidente del Centro islamico di Monza, racconta le difficoltà degli immigrati nell'ottenere la cittadinanza in Italia, evidenziando le sfide burocratiche e culturali che molte famiglie devono affrontare.

Tahany Shahin, detta Titti, è vicepresidente del Centro islamico di Monza e rappresentante della comunità araba monzese, nonché donna molto attiva nel volontariato cittadino. Di origine egiziana, vive in Italia con suo marito dal 1995, e oggi ha due figli grandi nati qui. Conosce bene le difficoltà per gli immigrati nell’ottenimento della cittadinanza, in cui anche lei si è imbattuta.

"Dopo la crisi che c’è stata a causa della pandemia tanti padri si sono ritrovati senza lavoro – dice –. Ciò ha determinato per molti l’impossibilità di ottenere il permesso di soggiorno, e quindi il dover tornare nel proprio Paese di origine. A fianco a loro c’è chi ha avuto problemi con la residenza, capita spesso che una persona debba fare, per motivi di lavoro, frequenti spostamenti, dovendo aggiornare di volta in volta la residenza. Basta che venga riscontrata qualche anomalia che la pratica per l’ottenimento della cittadinanza si può bloccare e avere rallentamenti".

"Tanti altri poi – e qui il terzo fenomeno tipico – per motivi culturali vogliono far tornare i figli almeno per un periodo nel proprio Paese di origine, per far fare a loro ad esempio l’asilo lì, con l’idea che un domani possano crescere nel loro paese di origine se vogliono. Una scelta nell’ottica di non smarrire la propria cultura di origine che però interrompe, anche se per poco, la residenzialità continuativa". Lei la cittadinanza l’ha ottenuta a seguito di quella del marito, in Italia da più tempo.

"Per la moglie non è però automatico l’ottenimento, bisogna dare comunque avvio a un iter di qualche anno. Sbrigare le pratiche è davvero difficile ed impegnativo. Bisogna reperire documentazione dettagliata anche dal proprio Paese di origine, tramite Consolato o uffici privati, e dare avvio a una serie di procedure, come ad esempio aprirsi la Pec. Anche per i figli intanto ci sono disagi – conclude –. Molti genitori non mandano i figli in gita per non rischiare che possano perdere il loro passaporto, che poi da rifare costerebbe 400 euro".

A.S.