Lì per decenni hanno fatto bella mostra di sé i pezzi pregiati dell’arredamento brianzolo. Tra le sue mura si sono chiusi contratti importanti, lì gli artigiani e i commercianti del legno-arredo hanno intercettato clienti e fatto un pezzo di storia della città. E non solo. Tanto che quell’edificio accanto alla Valassina è diventato presto un simbolo di Lissone, la sua porta d’ingresso, uno dei suoi luoghi più rappresentativi insieme a Palazzo Terragni, entrambi figli, seppur di due epoche diverse, del razionalismo architettonico. Da ieri però tutto questo è il passato. Il vecchio Palazzo del Mobile di via Carducci, il Centofirme come veniva anche chiamato, ha cambiato ufficialmente pelle: dopo essere stato per 50 anni l’emblema locale della produzione del legno-arredo adesso lo aspetta un altro futuro. Restano però la memoria e le sembianze dell’edificio. Costruito alla fine degli anni Cinquanta su progetto degli architetti Vittorio Faglia e Gualtiero Galmanini, quel palazzo è stato per mezzo secolo un segno del made in Italy e del design di interni, quale culla della produzione mobiliera brianzola: apprezzato dagli esperti del settore, a suo tempo è finito su diverse riviste internazionali, come esempio del razionalismo del Dopoguerra. Poi, dopo essere stato usato a lungo per esposizioni e fiere delle imprese artigiane del territorio, funzionando come punto di accesso alla città per chi arrivava da Milano, da Como e da Lecco, via Valassina, negli anni Duemila ha visto iniziare la decadenza, fino a rimanere inutilizzato.
Dal 2020 è partita la ristrutturazione, che ha puntato a conservare in maniera quasi completa l’aspetto dell’immobile, agendo con un’importante opera di consolidamento statico e sismico. Le novità sono lo svuoto centrale interno, per lasciare posto alle scale mobili e a un ascensore panoramico, e l’aggiunta sul davanti di due nuovi corpi scala, per ospitare scale e ascensori. Per ricordare la storia del Palazzo del Mobile e a tenere viva la memoria di come era un tempo, l’idea è di mettere in mostra una gigantografia d’epoca dell’ex Centofirme, che era custodita all’interno dell’edificio.
F.L.