di Marco Galvani
Quasi cieco e con difficoltà motorie, mentre è in permesso premio viene scoperto da un agente del carcere in cui era stato detenuto a camminare in autonomia tra i tavoli di un ristorante di Livorno dove era andato a pranzare con la figlia. Partita la segnalazione al tribunale di sorveglianza di Firenze, il giudice ha revocato il provvedimento di scarcerazione, ma ormai dell’uomo non c’era più traccia. Ora è caccia a un monzese di 40 anni condannato per reati di droga commessi a Milano e accusato dell’omicidio, risalente ad alcuni anni fa, di una prostituta nigeriana uccisa con un colpo di pistola.
Ancora doveva scontare 11 anni e mezzo di pena, ma adesso è irreperibile. Nemmeno i suoi avvocati, Cristiano Mancuso di Genova e Rosalba Canossi di Milano, hanno più sue notizie, se non una voce che darebbe il quarantenne partito per il fronte ucraino. Per ora, restano i fatti. Prima detenuto nel carcere genovese di Marassi e negli ultimi anni a Livorno, il monzese "soffre di un disturbo di conversione – spiega l’avvocato Mancuso –, una patologia psichiatrica che tra i vari sintomi provoca cecità – che comunque consente di muoversi senza urtare gli ostacoli – e difficoltà motorie. Tanto che il provvedimento di scarcerazione del 22 settembre scorso e il trasferimento ai domiciliari era giustificato proprio dal problema psichiatrico, non certo perché era cieco o in sedia a rotelle. Una patologia che – sottolinea il legale – è stata accertata e monitorata da 5 anni di perizie. Mi sembra davvero impossibile che sia riuscito a fingere e a prendere in giro medici e giudici per tutto questo tempo".
Tanto che il tribunale aveva deciso di concedergli i domiciliari. Ma quattro giorni prima, il 18 settembre, era uscito in permesso. Otto ore da trascorrere insieme con la figlia. Per pranzo, i due sono andati in un ristorante vicino al carcere di Livorno. Lì il monzese si è alzato dal tavolo e, da solo, ha camminato tra due file di tavoli ed è andato in bagno. La prova è in un video a circuito chiuso del ristorante.
Ad accorgersi del ‘miracolo’ è stato un agente della polizia penitenziaria che era a mangiare nello stesso ristorante. Da qui la segnalazione al tribunale di sorveglianza di Firenze che ha subito fissato un’udienza in cui, il 6 ottobre, è stato revocato il beneficio dei domiciliari. Ma ormai il quarantenne monzese aveva già fatto perdere le proprie tracce. "Non so dove si possa trovare – conferma l’avvocato Mancuso –, certo è che la sua patologia, generalmente definita isteria, è nota e certificata, ripeto, da cinque anni di perizie".