
Grazie a un amico svuotò la residenza di un facoltoso collezionista ma venne acciuffata dopo un’indagine lampo dei carabinieri. Erano tutti ragazzi giovanissimi e spiantati che vivevano nei dintorni.
Sembrava il colpo del secolo. Opere d’arte rare, disegni e bozzetti preziosissimi, una collezione raffinata da intenditori. Merce da piazzare sul mercato sempre florido dei trafficanti d’arte. Ma chi aveva orchestrato tutto forse era troppo giovane e senza esperienza per non incappare nelle doti investigative dei carabinieri. E non sapeva dove piazzare l’ingombrante refurtiva.
Facciamo un passo indietro. L’anno è il 1976. La data è il 13 agosto, quando le città, soprattutto mezzo secolo fa, si svuotavano davvero e anche la possibilità di incappare in un controllo o comunque in un occhio indiscreto scemavano decisamente. Ci troviamo in una villa di Peregallo di Lesmo, è notte, e un commando di delinquenti, che evidentemente aveva studiato il piano per giorni, entra in azione. La villa favolosa è immersa in un parco, di proprietà di un facoltoso commercialista che in quei giorni non è a casa e quindi i malviventi pensano di poter colpire senza colpo ferire. È l’occasione giusta, da cogliere al volo.
I ladri prima di tutto forzano un cancello del parco e quindi, una volta al suo interno, si dirigono verso la villa. A questo punto, per penetrare al suo interno, scelgono una finestra al piano terra, quella dello studio del proprietario. Facile come bere un bicchier d’acqua, forse troppo. Una volta dentro, non c’è che dirigersi verso la stanza da letto dell’anziano padrone di casa, al piano superiore. Il tesoro è proprio lì, al suo interno. Non c’è neppure una cassaforte da scassinare. E i ladri si dedicano meticolosamente a impadronirsi di tutti i quadri, che staccano dalle cornici uno per uno per poi infilarli in un sacco. I ladri sembrano avere ben chiaro cosa prendere. Il proprietario della villa è infatti un collezionista – è risaputo – e “loro“ si concentrano soltanto sui quadri di maggior valore, tralasciando molti altri oggetti comunque di pregio presenti nella villa.
In particolare, si impadroniscono anche di alcuni disegni d’autore, bozzetti usciti dalle mani di artisti di nome. Qualche esempio? C’è un “Ritratto d’uomo” di Rubens. C’è l’Educazione d’amore del Tiziano; e poi la “Vergine in preghiera” di Sassoferrato; la “Matrona con due amorini e arcieri” sempre del Tiziano; un’Adorazione dei Magi attribuita a Raffaello e alcune opere di Vasquez, Murillo e Tiepolo. Il valore del furto è quasi inestimabile e, anche se in un primo momento si parla di almeno dieci miliardi di vecchie lire soltanto per i disegni, la sensazione è che si tratti di molto di più.
Il furto viene scoperto il mattino successivo dal guardiano della villa. L’uomo, che dormiva al secondo piano della villa e aveva evidentemente il sonno porofondo, non si era accorto di nulla durante la notte. Le indagini partono a spron battuto. A Monza ancora non ci sono i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, gli specialisti del settore, che arriveranno in città soltanto qualche anno più tardi, ma i militari di Monza sanno comunque il fatto loro e si dimostrano investigatori accorti. E cominciano le loro indagini da un particolare. Proprio la refurtiva scelta dai ladri dimostra che questi ultimi conoscevano molto bene la villa, la disposizione delle sue stanze e il loro contenuto. Anche troppo.
I carabinieri non ci mettono molto a ricostruire l’identità di tutte le persone che avevano avuto a che fare con il padrone di casa. E si concentrano su un soggetto che era in relazioni amichevoli con la vittima del furto e ne aveva raccolto le confidenze. Cominciano dunque a pedinarlo e a ricostruire la rete di personaggi che potevano avere a che fare con il furto e la ricettazione del ricco bottino. E, una volta fatta chiarezza su di loro, ottengono il via libera dal magistrato e partono con una serie di perquisizioni a tappeto nelle loro abitazioni e persino nei rispettivi luoghi di lavoro. Solo in due casi le perquisizioni sembrano però dare esito almeno parzialmente favorevole, consentendo ai militari di venire in possesso di alcune armi da fuoco non denunciate. E dunque? Dove si trovano le opere d’arte?
Gli investigatori alla fine, forse per intuito o forse per aver colto qualche affermazione sfuggita ai sospettati, tutti molto giovani e inesperti, vengono a sapere dell’esistenza di una cascina abbandonata ad Arcore. Bisogna andare lì a cercare. E qui, sotto un cumulo di legname, saltano infatti fuori tutte le opere d’arte rubate, per fortuna ancora in perfetto stato di conservazione, in attesa di venire piazzate sul mercato nero. Senza però sapere bene in realtà come fare a rivendere un bottino tanto “scottante“
Il commercialista derubato tornò così in possesso delle proprie opere, che aveva ereditato da un nonno e che annunciò avrebbe regalato in eredità allo Stato al momento della sua morte. Nei guai finirono cinque persone. Vivevano tutte nei dintorni della villa e avevanno un’età compresa fra i 21 e i 26 anni. Il più vecchio, il finto “amico“ della vittima che aveva fatto evidentemente da “basista” dei ladri per il loro colpo, ne aveva invece una quarantina. Verranno tutti denunciati a piede libero per furto, in manette finiscono solo i due complici trovati in possesso di armi da fuoco. Ma la cosa più importante è che l’immenso tesoro sia alla fine tornato nelle mani del suo legittimo proprietario. Chissà dove si trova ora.