Monza, 30 agosto 2020 - «Nel guardare la mia nipotina capisco quanto è importante il tempo. E il periodo del lockdown se per me è stato molto breve, per lei è stato molto più lungo. Ha rappresentato quasi il dieci per cento della sua vita. Vorrei poterle evitare altre lunghe pause». Ecco perché questo nonno ha deciso di candidarsi per testare il vaccino anti-Covid in via di sviluppo al San Gerardo di Monza. Lui come gli altri 581 volontari che si sono fatti avanti al Centro di ricerca di Fase 1 dell’Asst di Monza autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco a sperimentare sull’uomo l’efficacia del vaccino basato sul Dna e innovativo anche dal punto di vista clinico, messo a punto dalla monzese Rottapharm Biotech e dalla romana Takis.
Uomini e donne con un’età media di quarant’anni spinti dalla voglia di ricambiare gli sforzi e i sacrifici che l’ospedale ha affrontato nella fase di picco dell’emergenza sanitaria in primavera. «Ve lo devo, per tutti quelli che hanno sofferto e per quelli in prima linea», la missione dei candidati arrivati da tutta la regione: «Questa guerra la sento molto mia. Sono bergamasca e voglio assolutamente contribuire».
Marina Cazzaniga, direttore del Centro di Ricerca di Fase 1 del San Gerardo e docente di Oncologia medica all’università Bicocca, sta raccogliendo candidature ed emozioni. Alla prima fase della sperimentazione potranno partecipare 80 candidati: «Testeremo quattro differenti dosaggi di vaccino – spiega Cazzaniga –. La prima fase partirà a inizio dicembre e durerà tre mesi per poi essere seguita da un periodo di follow up. Successivamente la platea di soggetti arriverà a 200 volontari per la Fase 2 della sperimentazione durante la quale valuteremo la tollerabilità del vaccino».
Prima dell’inoculazione del vaccino, i volontari selezionati per la Fase 1 dovranno sottoporsi a una serie di esami clinici (basati su test ematici e strumentali) che saranno effettuati tra fine ottobre e inizio novembre. Trascorsi 14 giorni dalla vaccinazione, i ricercatori dell’équipe dell’Asst di Monza eseguiranno i prelievi del sangue dei soggetti coinvolti nella sperimentazione per l’estrazione degli anticorpi prodotti dai loro organismi. Questi saranno messi in contatto con il virus attivo: se gli anticorpi estratti neutralizzeranno il virus, il vaccino avrà avuto successo. Un vaccino unico e innovativo rispetto alle piattaforme tecnologiche tradizionali: «Di solito i vaccini necessitano di virus vivi, che vanno coltivati e quindi hanno bisogno di una catena di produzione molto complessa – chiarisce Paolo Bonfanti, professore associato di Malattie infettive della Bicocca e direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Gerardo –. Il “nostro“ vaccino, invece, è basato sul Dna del virus: un frammento di Dna viene iniettato nel muscolo e promuove la sintesi di una porzione della proteina Spike del virus, stimolando da parte dell’organismo una forte reazione immunitaria (sia anticorpale sia cellulare) che previene l’infezione».
Un vaccino di tipo genetico che non soltanto «ha una serie di vantaggi di produzione e conservazione», ma utilizza una piattaforma tecnologica che assicura la ripetibilità della vaccinazione se la risposta non fosse duratura. E rispetto ad altri vaccini può essere facilmente e rapidamente adattabile nel caso in cui il virus dovesse mutare il suo codice genetico nel tempo. «In questo modo guardiamo al futuro forti dell’esperienza del passato – le parole di Mario Alparone, direttore generale dell’Asst di Monza –. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria tra Monza e Desio sono stati ricoverati oltre 1.750 di cui oltre 350 dalle zone calde, oltre il 70% dei posti letto era dedicato al Covid. E inoltre il San Gerardo ha sostenuto uno dei più grandi studi di storia naturale della malattia - Storm - con la raccolta di sieri dei «nostri» pazienti, utili per le ricerche future. Studi e sperimentazione totalmente coerente con il percorso di accreditamento dell’Asst come Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico (Irccs, ndr) che abbiamo intrapreso», in particolare come Istituto di tecnologie biomediche avanzate in medicina di precisione. Per candidarsi alla sperimentazione del vaccino occorre avere un‘età tra i 18 e i 65 anni, non essere entrati in contatto con il Covid-19 né con i virus dell‘epatite e dell‘Hiv.