
Coronavirus, ambulanza
Monza, 6 aprile 2020 - «All’inizio di marzo ero in servizio di notte in ambulanza con equipaggio di 3 persone e la centrale operativa ci ha attivato verso fine turno per un "respiratorio" ". E’ una volontaria della Croce Rossa di Monza a raccontare il rischio vissuto a ogni intervento dagli operatori del soccorso e anche l’angoscia di vivere una malattia sconosciuta. E’ una quarantenne, sempre in perfetta salute, operatrice di soccorso con anni di esperienza in ambulanza, che ad oggi è l’unico caso tra i 250 volontari attivi nel comitato monzese della Croce Rossa ad essere stata contagiata in servizio dal coronavirus.
Altri 12 volontari Cri di Monza sono attualmente in autoisolamento precauzionale perché sono stati in situazioni sospette. Una chiamata per un "respiratorio" fino a un mese fa, prima dell’epidemia conclamata, poteva essere qualunque cosa: da un attacco d’asma a un’embolia polmonare. "Sicuramente a inizio marzo non era automaticamente associato a un caso di covid – racconta la volontaria che ha chiesto di mantenere l’anonimato -. Oggi un caso del genere sarebbe trattato in modo completamente diverso, con il sospetto di covid già annunciato dalla centrale e poi l’equipaggio farebbe un triage preventivo prima di avvicinarsi alla persona da soccorrere". Invece quella sera i protocolli d’intervento erano ancora i primi dell’emergenza, i soccorritori non iniziavano il servizio, come avviene ora, con tutti i dispositivi per la protezione completa antivirus già indossati: "Siamo entrati in casa subito e abbiamo trovato la persona in dispnea, con una forte difficoltà respiratoria, aveva un’ossigenazione molto bassa, e poi tossiva, ma una tosse strana. Risultava però senza febbre. Abbiamo riferito il quadro alla centrale che, senza il sintomo della febbre, non l’ha classificato come sospetto di covid. L’abbiamo portato al Policlinico dove invece i medici che l’hanno visto hanno dato subito la quasi certezza che fosse un caso di covid. Anche perché in ospedale la febbre c’era e non so perché in casa non ci fosse, forse il termometro proprio quella notte e su quel servizio, aveva deciso di non funzionare, cose che purtroppo possono succedere".
Scatta l’allerta per la Cri e per la volontaria: vengono fatte sanificare l’ambulanza, le divise e l’attrezzatura usata e l’equipaggio messo in quarantena. "All’inizio stavo bene ma dopo 4 giorni ho avuto i primi sintomi. Non è affatto un’influenza forte e penso che chi non l’abbia avuto non possa capire. Ho avuto per molti giorni febbre alta, senza che gli antipiretici facessero alcun effetto, e poi dolori forti che non ho mai avuto tanto da non riuscire a muovermi. E soprattutto un dolore al torace, come se fossi schiacciata, che affaticava la respirazione". La volontaria monzese non è stata però tanto male da non riuscire più a respirare e quindi non è stato disposto per lei il ricovero in ospedale. Ha seguito le cure a casa, assistita al telefono dall’Unità di crisi della Lombardia della Croce rossa.
«Ho preso un po’ di tutto, antidolorifici, antibiotici, antipiretici, ma ho passato notti con dolori molto forti, poi due giorni di disturbi all’intestino, poi per effetto della disidratazione sono stata molto debilitata, dolori ai reni, oltre alla continua pressione sul torace". Ha potuto fare il tampone solo a metà marzo al Sacco di Milano e anche se ovviamente aveva la quasi certezza di essere contagiata "aver ricevuto la conferma della positività mi ha distrutta i primi momenti. Sono stata male ed è cresciuta la paura di non poter più respirare: senti quel dolore al torace, diventa un’angoscia. Mi ha aiutato molto a superare quella crisi il supporto ricevuto dal mio Comitato e in particolare del direttore sanitario della Cri di Monza che mi ha detto di non mollare perché, dopo tutto, erano ormai 10 giorni che curavamo i sintomi".
Lentamente ma la situazione per la volontaria quarantenne è migliorata, ora non ha più sintomi ma sente ancora affaticamento ai polmoni ed è in attesa di poter fare i 2 tamponi finali, quelli che servono per confermare di essere diventata negativa al covid. "Ora mi sento fortunata. Tutti coloro che scelgono di fare servizio in ambulanza sanno di correre dei rischi ma quando si arriva sul luogo dell’intervento si capisce quali effettivamente siano questi rischi. Con questo virus non è così, non si vede e fa paura perché è invisibile. Non sono pentita di quello che ho fatto, è stata sfortuna: quella notte non abbiamo sbagliato nulla, abbiamo seguito il protocollo previsto all’inizio dell’emergenza e rifarei quel servizio anche se i giorni a seguire non sono stati facili, perché aiutare e soccorrere gli altri è l’attività che ho scelto di fare. Ed è quello che voglio tornare a fare appena sarò completamente guarita e potrò riprendere il mio servizio per la Croce rossa".