
Un paziente con il casco per respirare
Vimercate (Monza) - Malati gravi di Covid sotto la lente degli pneumologi di Vimercate, lo studio brianzolo sulle cure e sulle conseguenze del virus nei mesi più difficili della prima ondata ha catturato l’attenzione dell’Austin Journal of Infectious Diseases, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo, che l’ha appena pubblicato.
Per la ricerca sono stati arruolati 150 pazienti con la forma più complicata di insufficienza respiratoria e tutti erano finiti sotto il casco. I risultati confermano la qualità dell’assistenza semi-intensiva, nodo cardine della difesa dal Sars-Cov 2 durante il terribile primo attacco. Nel 62% dei casi il Cpap ha risolto la situazione e chi l’ha indossato è tornato a casa. Invece 31 persone sono state trasferite in rianimazione, 15 ce l’hanno fatta, 16, no. La mortalità totale nel gruppo è stata del 28%, quasi un terzo. Un dato che ricorda quanto l’infezione sia aggressiva e quanta paura abbia seminato anche sul territorio. I numeri riportano a galla i ricordi più dolorosi della pandemia, con le bare ammassate negli obitori e nei cimiteri in attesa di sepoltura.
L’approfondimento in corsia ha fatto emergere il ruolo determinante del passo prima di essere intubati, ma soprattutto "lo spirito di squadra che ci ha permesso di fare fronte alla spaventosa ondata di contagi", spiega il primario Paolo Scarpazza. È lui ad avere guidato gli specialisti nei giorni più bui del reparto, "lo studio è importante perché è stato realizzato interamente nelle nostre corsie" dove il suo team "ha lavorato fianco a fianco con chirurghi e specialisti in riabilitazione, un approccio multidisciplinare che ha fatto al differenza. Ma non sarebbe bastato se tutto il personale, dagli infermieri agli operatori sanitari, non avesse dato il proprio contributo con abnegazione e uno straordinario spirito di collaborazione, a dispetto dei rischi". "La ricerca, in fondo, - aggiunge Scarpazza è l’esito migliore di una esperienza consolidata da tempo, fondata sulla grande collaborazione fra tutti gli specialisti del polmone".
La divisione è stata anche protagonista di iniziative all’avanguardia, come il kit per i dimessi, una delle prime applicazioni di medicina a distanza che ha permesso di superare le difficoltà di farsi visitare legate alla crisi sanitaria, quando non c’erano i vaccini. Chi è guarito è tornato a casa con parecchi strumenti, fra i quali cellulare e saturimetro, il piccolo congegno per il monitoraggio dei parametri vitali "durante le prime due settimane di rientro". Il contatto diretto con il reparto ha permesso tramite il medico di famiglia di ridurre i rischi delle ricadute.