Tappezziere, un lavoro fra tradizione e tecnologia. Ne sa qualcosa Marco Celotto, direttore di produzione della FlexForm di Meda. "Per fortuna – dice – buona parte del lavoro per fare un divano è ancora manuale: lavorazione della struttura in legno schiumato, cinghiatura e alcune fasi del rivestimento. Mentre alla sarta toccano le cuciture. In automatico si fa il taglio del tessuto, impostando a videoterminale le caratteristiche del tessuto stesso e le irregolarità".
Ai ragazzi del centro di formazione professionale Terragni di Meda, Celotto spiega che il suo è un lavoro da amare, faticoso, ma vedere un proprio divano finito dà una grande soddisfazione. "Ho iniziato a fare il tappezziere a 13 anni, nel 1982 – ricorda – passando attraverso i grossi brand di Meda e oggi sono direttore di produzione. Ho sempre lavorato a Meda, capitale del legno arredo".
Roberto Borgonovo, invece è un tappezziere di Muggiò.Ha rilevato l’attività dal papà Aldo che aprì nel 1960 a Lissone, dopo il tirocinio con Giuseppe Meroni, (a cui è dedicato l’Isis-Ipsia di Lissone). "Abbiamo sempre fatto materassi di lana, sedie imbottite classiche, divani e salotti classici e moderni – racconta Roberto Borgonovo – oggi la situazione è diversa. I materassi di lana stanno sparendo, ci viene richiesto di rifare un’ottomana della nonna, da tenere come ricordo o di ristrutturare poltrone. Lavoriamo ancora con ago e filo, ago storto, corde per tirare le molle, colla e forbici. Gli unici apparecchi sono il compressore per inchiodare (una volta si faceva con chiodi e martello) e la pistola pneumatica".
"Realizziamo divani che sono pezzi unici – spiega Roberto Borgonovo –. Ed è proprio l’unicità il nostro tratto caratterizzante. I grandi brand si appoggiano a terzi per i semilavorati. Negli imbottiti i cinesi sono diventati molto esperti. In azienda è entrata mia figlia Jessica, arredatrice, che progetta a computer e sceglie i colori, ma non si sottrae dal tagliare e inchiodare".