Gianni Del Pero*
Cronaca

“Il disastro di Seveso 48 anni fa, la diossina e la lezione per il presente: ridurre un rischio che esiste”

La “fabbrica dei profumi” e le pecore uccise dalle acque del Tarò. Decenni di difficile convivenza con l’impianto chimico di Meda, poi l’incidente, le battaglie, la paura e la lenta, complicata rinascita

I rifiuti da distruggere in una foto dell'epoca

Gli adolescenti degli anni Settanta si ricordano bene la Fabbrica dei profumi e le avventurose arrampicate sul rilevato di quella che diventerà la Milano-Meda per osservare le greggi di pecore in transumanza che si abbeveravano nei laghetti alle spalle dell’Icmesa a due passi dal coloratissimo Tarò. E lo sconforto quando qualche pecora barcollava e poi non si rialzava più dopo aver bevuto le acque “nere“ degli stagni. All’Icmesa, acronimo di Industrie Chimiche Meda società azionaria, il 10 luglio 1976 si è verificato il più grave incidente industriale passato alla storia. Dopo 48 anni il ricordo è indelebile. Il Bosco delle Querce di Seveso e Meda ne è diventato luogo della Memoria, al suo interno due vasche, 200mila metri cubi a Seveso e altri 80mila a Meda, che conservano le macerie delle case, del loro contenuto di allora e le macerie della stessa Icmesa con i resti del reattore esploso, tutti oggetti contaminati che furono seppelliti nelle due enormi discariche assieme al terreno contaminato della zona A, quella con il livello più elevato di inquinamento da Diossina.

Nascono le due colline ben visibili che sono simbolo di quanto accaduto e monito perché non si ripeta in futuro, attorno alle quali è sorto il Parco, Museo all’aperto della Storia della Diossina. Solo per alcuni anni si continuò a prestare la massima attenzione a quanto era accaduto con ordinanze che vietavano la coltivazione e il consumo di alimenti prodotti nelle aree contaminate esterne a quelle oggetto di bonifica che fu limitata alla ex zona A, quella che corrisponde all’attuale Bosco delle Querce.

A seguito del completamento di quella bonifica nel 1987 si ritenne possibile abrogare le ordinanze facendo quindi intendere che il pericolo era cessato. Nel 1996 il Bosco delle Querce fu aperto al pubblico e tutto intorno ripresero attività e soprattutto interventi edilizi che ignoravano che le aree di Meda, Seveso, Cesano, Bovisio e Desio erano ancora interessate da contaminazioni che avrebbero dovuto richiedere particolari precauzioni. Abbiamo dovuto attendere il 2012 quando, quasi casualmente e per altre finalità, il Comune di Desio mi affidò l’incarico per effettuate ulteriori analisi nelle aree interessate dalla ricaduta della Diossina e il risultato fu sorprendente e anche un po’ preoccupante. La diossina era presente nei terreni con le stesse concentrazioni rilevate nel 1976, si era solo un po’ “approfondita“.

Era opportuno evitare di scavare e movimentare terreni ricchi di diossina per evitare il rischio di disperdere ancora in atmosfera la sostanza tossica. Negli stessi anni fu riproposta la realizzazione dell’autostrada Pedemontana il cui tracciato avrebbe dovuto attraversare proprio le aree ancora contaminate da Diossina. Le associazioni ambientaliste e alcuni sindaci hanno preteso e ottenuto ulteriori indagini che confermarono la necessità di una ulteriore bonifica, che inizierà nei prossimi mesi. Mentre la fondazione Lombardia per l’Ambiente su incarico di Regione Lombardia tra i 2016 e il 2018, con il supporto del Comitato Scientifico di progetto di cui faceva parte anche il già primario dell’Ospedale di Desio a cui venne l’intuizione di sottoporre a prelievi di sangue i cittadini residenti esposti alla diossina nel 1976, sviluppò un’indagine di valutazione di rischio da esposizione alla diossina residua dell’incidente Icmesa per la popolazione dei comuni di Seveso, Meda, Cesano, Desio, Bovisio, Seregno e Barlassina, per conseguire necessari approfondimenti conoscitivi. L’indagine ha evidenziato un rischio da esposizione alla diossina contenuto che può essere ulteriormente ridotto mediante prevenzione e misure in materia pianificazione territoriale e consumo di suolo. Evitare di scavare, movimentare terre ed entrare in contatto con terreni con presenza di Tcdd.

*Geologo e presidente del WWF Lombardia