Monza – Ogni giorno sono almeno un paio i Codici Rossi di cui si deve occupare la giustizia monzese. Un dato allarmante, a cui si aggiunge l’aumento degli allontanamenti dalla casa familiare e dei divieti di avvicinamento. Nel mirino donne maltrattate, costrette ad abusi fisici e psicologici, violentate, sempre più spesso all’interno delle mura domestiche. Ma capita talvolta anche che alcune di loro non capiscano a pieno la portata della loro denuncia e si tirino indietro o addirittura sfruttino la normativa del Codice Rosso pensando di riuscire a ‘liberarsi’ di un partner o di un familiare diventato scomodo.
A dirlo sono i magistrati della Procura e del Tribunale di Monza che ogni tanto devono aggiungere alla toga anche la divisa di medico, infermiere e assistente sociale. Non sono infatti infrequenti i casi di donne che, dopo avere denunciato, ritrattano. Una di loro, a cui il compagno ha addirittura rotto delle costole, al processo si è rimangiata tutte le accuse arrivando a dichiarare che il partner "è un uomo fantastico". Altre denunciano ma poi si rifiutano di andare nella comunità protetta "perché vogliono restare a casa loro".
Altre ancora sono vittime di stalking o di maltrattamenti (è accaduto con una donna perseguitata dal suo ex, ma anche con una ragazza che ha denunciato di essere costretta a vivere dopo la separazione dei genitori con il padre che la schiavizzava e non la faceva uscire di casa) che si sono rifiutate di indossare, insieme a chi avevano denunciato, il braccialetto elettronico "perché viola la mia privacy". Poi si è scoperto che l’obiettivo della denuncia della ragazza era solo quello di andare a vivere con la madre.
Un dietrofront che espone queste donne al rischio di una denuncia a loro carico per calunnia, anche se i magistrati prima cercano di capire cosa sta veramente sotto al ritiro di una denuncia e le conseguenze più gravi scattano soltanto se si scopre che le accuse sono state strumentali e magari hanno anche portato ad applicare una misura cautelare al presunto responsabile.
Come se non bastasse, alle denunce di abusi all’interno delle famiglie, ora si aggiungono anche i Codici Rossi per i casi di stalking condominiale. E i casi personali limite. Come quello di un novantenne che aveva bisogno di un ricovero psichiatrico ma nella Regione Lombardia le strutture specializzate non accolgono persone sopra i 65 anni, quindi il magistrato ha dovuto ingegnarsi per ottenere una serie di Trattamenti sanitari obbligatori in ospedale.
I fascicoli sui presunti casi di violenza domestica o di genere, diventati ‘prioritari’ dopo l’entrata in vigore della nuova legge nel 2019, hanno una specie di bollino di precedenza: in tutte le indagini relative a presunti maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, aggravata e di gruppo, atti sessuali con minorenne, atti persecutori, lesioni personali aggravate da legami familiari, la polizia giudiziaria e il pm si devono attivare immediatamente, ascoltando la probabile vittima entro 3 giorni dalla denuncia e mandando avanti le richieste di provvedimenti cautelari, che altrettanto velocemente il giudice monzese deve decidere nei confronti del presunto responsabile per limitare al massimo la possibilità che gli atti violenti possano ripetersi.
Per affrontare i Codici Rossi la Procura di Monza ha dovuto creare un apposito pool di pubblici ministeri, ma l’iter rapido e complicato necessiterebbe di un ampliamento degli organici di magistrati e polizia giudiziaria. Le stesse difficoltà della Procura si ripercuotono sul Tribunale di Monza, dove le modifiche ai reati contro i soggetti deboli hanno portato ad un aumento dei procedimenti per maltrattamenti e per atti persecutori e delle richieste di applicazione di misura cautelare, con procedimenti che necessitano più degli altri di un sollecito esame e di una tempestiva risposta, che impegna i magistrati assegnatari a dare priorità assoluta alla loro trattazione.