Per oltre vent’anni suo padre, ex Generale dell’Esercito, si era rivolto ai servizi del commercialista che sotto le sue dipendenze aveva svolto il servizio militare di leva e di cui godeva di una fiducia incondizionata, tanto da fare promettere al figlio in punto di morte di mantenere la collaborazione professionale, nonostante lui facesse lo stesso mestiere. Ma alla morte della madre l’erede si è accorto che il professionista si sarebbe appropriato di circa 2 milioni di euro del patrimonio familiare. Mercoledì entra nel vivo il processo al Tribunale di Monza che vede imputato di appropriazione indebita, furto aggravato e autoriciclaggio Alberto Panigada, monzese 65enne. Nel 2022 i militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Monza avevano eseguito nei suoi confronti una misura cautelare interdittiva dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di tre mesi e un provvedimento di sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per oltre 1 milione di euro, perché il resto della somma riguardava fatti ormai prescritti. L’indagine delle Fiamme gialle è nata dalla denuncia presentata dall’erede dei clienti storici del commercialista, che gestiva da oltre 20 anni il patrimonio familiare e anche quello relativo a una società di famiglia, costituita nel 2014 per la gestione e ristrutturazione di uno storico hotel a Rovigo. Il padre è morto nel 2015. A seguito della morte della madre, nel 2020, il cliente avrebbe rilevato i numerosi ammanchi e sporto denuncia. Le indagini avrebbero accertato indebite sottrazioni di denaro commesse per circa 5 anni.
Il professionista si sarebbe approfittato dell’età avanzata dei genitori e anche dei problemi di salute del figlio, motivi per cui, oltre alla promessa in punto di morte fatta al padre, costui gli aveva delegato il pagamento di tutte le forniture per la ristrutturazione dell’hotel, con le credenziali di accesso diretto ai canali dei servizi automatizzati di remote banking. Invece il commercialista avrebbe drenato l’ingente somma, attraverso bonifici e assegni diretti versati su propri rapporti bancari e su quelli di una società di Monza a lui riconducibile. Relativamente alla somma di 100mila euro accreditati sui conti dell’imputato e poi impiegati in attività economiche, imprenditoriali e speculative, è stato ipotizzato il reato di autoriciclaggio, per avere cercato di ostacolarne l’identificazione. Nel corso delle indagini sarebbe emersa anche un’evasione di imposte dirette per oltre 400mila euro.
S.T.