
di Stefania Totaro
"Duecento contatti telefonici con le strutture sanitarie da gennaio a novembre 2014? Sono anche pochi. Noi trattavamo macchinari da cui dipende il trattamento di pazienti oncologici e il loro funzionamento e la loro manutenzione non sono come quelle di un televisore". Così si è difeso Francesco Cerillo, uno degli allora manager di “Elekta spa“ di Agrate Brianza interrogato come imputato al processo al Tribunale di Monza che vede alla sbarra 26 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere e turbativa d’asta per aggiudicarsi gli appalti.
La multinazionale svedese con sede operativa in Brianza, specializzata nella fornitura di macchinari per la cura del cancro, è costituita parte civile al dibattimento, insieme anche a Policlinico San Matteo di Pavia, Azienda sanitaria di Lecce, Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni e altre ancora. L’operazione era scattata nel 2015, quando il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, in seguito ad un’indagine della Procura del capoluogo lombardo, aveva messo agli arresti domiciliari quattro tra responsabili e manager della società agratese, indagato altri 22 tra manager e responsabili degli appalti delle strutture pubbliche ed eseguito sequestri di documenti in numerosi ospedali ed enti da Pavia a Bologna e fino in Toscana e a Lecce.
Agli arresti domiciliari erano finiti Fabrizio Mannelli, procuratore della Elekta spa, Davide Sebastiano Casolino, direttore delle vendite della Elekta, Francesco Cerillo, manager di area della società e Angela Pallotti, procuratrice dell’azienda. Mentre i manager imputati appartenevano all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, alla Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, ma anche a strutture pubbliche in Liguria, a Bologna e a Terni.
A fare partire l’inchiesta una email che parlava di accordi con i manager della Elekta per una gara d’appalto per circa 2 milioni di euro dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano per un acceleratore lineare per radioterapia, trovata da uno dei responsabili della gara. Un’indagine poi arrivata per competenza sul tavolo del pm della Procura di Monza Vincenzo Fiorillo. Secondo l’accusa, l’azienda agratese era in grado di presentare offerte “perfette“ circa i requisiti tecnici richiesti per le forniture degli apparecchi medici quindi, anche se non erano le più vantaggiose economicamente, riuscivano a sbaragliare la concorrenza. Nessuna prova di tangenti (ovvero passaggi di denaro), infatti l’accusa di corruzione non è contestata, bensì un sistema escogitato di “ricompense“ sotto forma di borse di studio finanziate da Elekta ed erogate dagli istituti e dagli ospedali e inviti a partecipare a convegni.
Un sistema per fare leva anche sulla collaborazione degli appaltanti, disposti secondo l’accusa a mostrare le offerte per gli appalti presentate dai concorrenti perchè potessero venire sistemate attraverso simulazioni. Accuse negate dagli imputati.
"Elekta era nota proprio per la sua assistenza capillare al cliente e le strutture sanitarie interessate erano quasi in tutta Italia – ha precisato Francesco Cerillo davanti ai giudici – In alcune strutture si trattava anche di reparti del tutto nuovi e quindi era necessario accompagnarli nell’utilizzo di questi macchinari molto sofisticati".
Il pm ha però contestato all’imputato che gli investigatori delle Fiamme gialle non hanno selezionato le intercettazioni telefoniche, i messaggi e le email che riguardavano contatti su utilizzo e manutenzione delle apparecchiature, ma soltanto quelle sui contratti di appalto. Si torna in aula il 14 giugno.