Filmati a luci rosse per ricattarla. Revenge porn, tradimenti e gelosia

Una donna denuncia stalking, diffamazione ed estorsione: coinvolte tre uomini e una donna. Revenge porn e richieste di denaro per non diffondere video hard. Processo in corso a Monza.

Filmati a luci rosse per ricattarla. Revenge porn, tradimenti e gelosia

Il pm della Procura, Carlo Cinque

"Lei era pienamente consapevole che la serata trascorsa insieme aveva preso una piega sessuale ed era assolutamente d’accordo, ma poi ha scoperto la relazione tra me e il suo compagno". Ci sarebbe la gelosia e il tradimento, secondo gli imputati, dietro la denuncia presentata da una 48enne che ha portato a processo al Tribunale di Monza per stalking, diffamazione ed estorsione aggravata tre uomini e una donna che, secondo le accuse, avrebbero chiesto soldi alla donna per non rovinarle la reputazione, arrivando persino a infilare nella cassetta delle lettere dei vicini della vittima un video hard personale. Un caso di revenge porn che risale al 2018. La vittima, stando alla sua denuncia, aveva avuto una relazione con uno degli imputati, un 48enne di Trezzo. "Ho fatto tutto perché l’amavo. Ho persino ospitato in casa quello che lui mi aveva detto che era suo cugino e non sapeva dove andare a dormire e invece poi ho scoperto che era il suo compagno", ha sostenuto la 48enne, che si è costituita parte civile. Ai condomini era stata recapitata una lettera anonima in cui si diceva che l’inquilina riceveva stranieri in casa, anche minorenni, che pagava per prestazioni sessuali. Nella busta c’era una pen drive con un video a luci rosse che riprendeva un rapporto sessuale dove si riconosceva la parte offesa con alcuni uomini che invece avevano il volto coperto da personaggi dei cartoni animati. Per il video hard, secondo l’accusa, entrano in gioco i due complici, un 26enne di Cornate e un 37enne siciliano, nel ruolo di attori. Anche questi ultimi sono imputati insieme al primo, che in questa vicenda rivestiva il ruolo di regista, mentre la quarta imputata è una donna 33enne che avrebbe aiutato gli altri tre nel piano. Dal momento in cui realizzano il filmato, gli uomini cominciano a chiedere alla donna soldi, stando all’impianto accusatorio. Piccole somme, massimo 500 euro, che la donna era costretta a prelevare per timore che il contenuto del video venisse reso pubblico.

Dopo averla bersagliata di messaggi volgari e umilianti tramite WhatsApp, gli imputati sarebbero passati ai fatti. Dal telefonino della donna imputata, infatti, sarebbero riusciti a entrare nel profilo Facebook della presunta vittima, dal quale hanno inviato il video a luci rosse a tutti i suoi contatti.

S.T.