Monza, 4 ottobre 2023 – Il tribunale mette in discussione il piano di salvataggio e intima a Fimer di colmarne "le gravi lacune" entro dopodomani. Nuova udienza a Milano, fissata per il 5 ottobre, ma per l’azienda il tempo è scaduto: l’integrazione andava presentata ieri.
Rimangono sulla graticola i lavoratori del polo brianzolo, un centinaio ai quali si aggiungono i colleghi di Terranuova Bracciolini, in Toscana, altre 300 persone. Con l’assegno di 5 milioni staccato da Greybull a inizio settembre sembrava fatta, e invece per il giudice i passi messi per iscritto dal colosso del fotovoltaico per lasciarsi alle spalle la crisi, non bastano. "In gioco c’è il futuro di tantissime famiglie – dice Gabriele Fiore della Fim-Cisl – le procedure fallimentari tentano fino all’ultimo di salvare l’occupazione e ancora di più, credo, in questa situazione: siamo di fronte a un’impresa delle energie rinnovabili, il futuro. Con commesse e personale specializzato. Ma serve un quadro corretto". I sindacati restano alla finestra: "Se il concordato non verrà rinnovato, si aprono due scenari: crac, o amministrazione straordinaria".
Greybull ha già confermato ai metalmeccanici l’interesse ad andare avanti, "per questo non riuscirci sarebbe ancora più grave. Il compratore c’è. Ma siamo ancora in piena tempesta e, purtroppo, questa situazione va avanti da due anni". L’accordo degli inglesi con il Cda era arrivato ad agosto, dopo la decisione dell’altro fondo britannico in gioco, Clementy, di ritirare la propria offerta. McLaren si è impegnata ad acquisire il 100% di Fimer mettendo sul piatto 50 milioni per il rilancio. In mezzo c’è il giudizio dei magistrati sulla relazione che accompagna il piano: "Inadeguata e contraddittoria, non contiene alcuna osservazione che possa giovare ai creditori". E per passare il salvataggio deve innanzitutto dare risposte proprio a loro. Dopo 24 mesi in bilico per operai e impiegati altre 24 ore ad alta tensione. E così l’astronave, il futuristico quartieri generale di Fimer a Velasca, aspetta di decollare ancora. L’azienda "è finita nelle secche prima del Covid che ne ha rallentato le prospettive, un imprevisto che si è aggiunto alle difficoltà di integrazione dello stabilimento nell’Aretino, acquisito da Abb – continua Fiore –. Da allora i lavoratori vivono nell’incertezza che si è fatta sempre più pressante durante la ricerca di capitali freschi che potessero assicurare un futuro al marchio. Il rimpallo fra le proposte con i fondi inglesi è stata la punta dell’iceberg di trattative interrotte e riprese, colpi di scena, che non sono ancora approdati a un risultato sicuro". Per il personale "gli ultimi mesi sono stati molto difficili, i siti sono in forte sofferenza in un alternarsi di speranze e docce fredde che per risolversi una volta per tutte ha bisogno di un vero piano industriale sostenuto da investimenti".
Fra gli scenari possibili, l’amministrazione controllata, "un’eventualità che ha sempre aleggiato sulla vertenza". I brianzoli, specializzata nella produzione di inverter, hanno attirato l’attenzione di Greybull "per la vicinanza di produzione". Ma l’ultima parola spetta al giudice.