STEFANIA TOTARO
Cronaca

Frode dei rottamai, chieste pene fino a 3 anni e 15 milioni all’erario per le fatture false

Monza, i 9 imputati sono stati chiamati all’udienza preliminare: prima di chiudere la vicenda giudiziaria con uno ‘sconto’ sull’eventuale condanna gli imputati devono chiudere il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate

Frode dei rottamai, chieste pene fino a 3 anni e 15 milioni all'erario

MONZA – Chieste pene fino a 3 anni e 4 mesi di reclusione per la presunta frode fiscale milionaria dei rottamai, anche con fatture false autoprodotte con un apposito software, che tocca anche la Brianza. Ma più che le eventuali condanne, a pesare è il saldo dei conti con l’Agenzia delle Entrate che porta nelle casse dell’Erario una quindicina di milioni di euro.

Ieri i 9 imputati sono stati chiamati all’udienza preliminare davanti alla giudice del Tribunale di Monza Silvia Pansini, dove 7 di loro hanno scelto il processo con il rito abbreviato e un altro il patteggiamento della pena concordata con il pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo.

Ma prima di chiudere la vicenda giudiziaria con uno ‘sconto’ sull’eventuale condanna gli imputati devono chiudere il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate che permetterà allo Stato di incassare una cifra complessiva a sei zeri. Nel febbraio 2022, infatti, i militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Bergamo avevano eseguito, su richiesta della Procura di Monza, un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Tribunale monzese, per la confisca di disponibilità finanziarie e beni immobili e mobili per oltre 14 milioni di euro, pari alle imposte ritenute evase da 8 società – con sede nelle province di Bergamo, Milano, Como e Torino – che avrebbero fatto confluire nelle proprie dichiarazioni fatture per operazioni inesistenti emesse da 3 società brianzole. Secondo gli inquirenti si tratta di un’articolata frode fiscale che sarebbe stata realizzata dagli amministratori delle imprese coinvolte, tutte operanti nel settore del commercio all’ingrosso di metalli. In particolare, il sistema di frode avrebbe permesso alle società utilizzatrici delle fatture attestanti cessioni di beni mai avvenute – per un importo complessivo di circa 38 milioni di euro – di conseguire un illecito risparmio d’imposta ai fini delle imposte dirette di circa 9,4 milioni di euro.

Per assicurare una “copertura“ contabile alle false fatture emesse, l’imprenditore brianzolo, che avrebbe trattenuto per sé circa 4,7 milioni, avrebbe utilizzato anche autofatture fittizie, generate automaticamente da un apposito software, sulla base delle indicazioni fornitegli da un commercialista brianzolo, a sua volta imputato. Accuse negate dagli imputati nelle arringhe dei difensori fissate a luglio.